Le ultime gare della Juventus hanno dimostrato la volontà di riprendere quel gioco nato a gennaio, più in linea con le caratteristiche dei giocatori.
Sette partite in tre settimane. Si ricomincia. Il prossimo blocco che attende la Juventus sarà determinate per il passaggio di turno in Champions League, con il doppio confronto con lo Sporting Lisbona autentico crocevia della fase a gironi; in campionato, invece, spiccano gli scontri con la Lazio e la trasferta a San Siro contro il Milan. Siamo solitamente abituati a un avvio complicato da parte delle squadre d’Allegri, poco brillanti atleticamente, e ancora in piena fase di rodaggio tecnico e tattico: i primi mesi sono solitamente il periodo degli esperimenti, soluzioni provate anche in campo per trovare la forma migliore con la quale affrontare la parte calda della stagione, creando quelle connessioni tra i nuovi e i vecchi necessarie per far esprimere i giocatori al meglio; è anche il momento dell’attesa, settimane in cui l’ingresso dei nuovi viene “pesato”, affinché capiscano realmente cosa significhi giocare per la Juventus e s’adattino ai nuovi compiti tattici richiesti.
Tutto questo dovremmo saperlo alla perfezione. Dobbiamo però prestare attenzione al rendimento della squadra e a quello che sta succedendo sul campo: la formazione d’Allegri sta provando, riuscendoci talvolta, a esprimere un calcio diverso rispetto quello cui siamo abituati, maggiormente aderente alle qualità dei giocatori. La Juventus è una squadra che ha alzato il proprio baricentro di una decina di metri, riesce a muovere la palla più velocemente, con una precisione dei passaggi alta (88.1% in campionato), un possesso elevato (58.2%), una manovra maggiormente basata sul gioco a uno-due tocchi con combinazioni sullo stretto; è come se Allegri avesse ripreso il filo di un discorso iniziato a gennaio con l’adozione a sorpresa del 4-2-3-1 e poi lasciato in disparte da aprile fino a fine stagione. Questo modo di giocare lascia l’impressione di una Juventus diversa, ma è perfettamente consono alle qualità e alle caratteristiche dei propri giocatori: una squadra tecnica, brava a palleggiare, senza un numero elevato di contropiedisti.
Alzare il baricentro permette a Dybala di essere maggiormente determinante nella trequarti avversaria, senza un continuo e dispendioso abbassarsi per agevolare la costruzione del gioco: il numero 10 juventino ha aumentato notevolmente il numero di tiri a partita, per via di questo diverso contesto tattico che gli consente di essere più vicino alla porta, mostrando una abilità notevole nel trovare spazi liberi tra le linee, uniti a movimenti sulla destra dove la squadra d’Allegri cerca e trova una superiorità numerica e posizionale. Questo approccio dovrebbe agevolare anche il compito della punta, cioè Higuain: l’argentino è uno dei migliori centravanti, necessita d’essere servito maggiormente dentro l’area di rigore. Troppo spesso, nella stagione scorsa, sono stati pochi i palloni serviti all’argentino nella zona calda (e nonostante questo è stato il capocannoniere, inventandosi dei gol risultati poi decisivi per scudetto e coppa Italia); inoltre, le combinazioni nello stretto tra i due, rappresentano una soluzione dall’alta qualità tecnica con esecuzioni notevoli difficilmente contestabili dalle difese.
Una Juventus più alta significa anche una fase di non possesso diversa. Matuidi è il giocatore chiave con la sua continua difesa in avanti, un pressing anche in solitaria, e una transizione negativa immediata che consente alla Juventus di negare il maggior numero di contropiede (quelli presi nascono da palle inattive); Pjanić è un giocatore aerobico, molto abile nelle letture tattiche, i suoi anticipi leggendo le azioni e le traiettorie del pallone ne sono l’esempio, portato anch’egli in una difesa in cui si corre in avanti; lo stesso Bentancur, come si è visto anche nella gara con l’Atalanta, è aggressivo nelle transizioni ed è efficace nel recuperare palloni. In questo contesto brillano le caratteristiche di Benatia, difensore estremamente fisico, bravo negli spazi aperti, aggressivo sull’uomo, molto bravo negli anticipi, più di quelle di Rugani, a suo agio quando la difesa è più bassa. Il difensore ex Bayern si trova bene anche quando può iniziare l’azione portando velocemente la palla, così come Chiellini, diventato un’arma chiave per rompere il pressing avversario (fosse anche più tecnico…)
È una Juventus che deve crescere nella gestione delle partite attraverso il palleggio, seguendo le caratteristiche dei propri giocatori: se è vero, e lo è, che la fase difensiva bianconera resta una delle migliori in circolazione anche col baricentro basso e può gestire i risultati anche in questa maniera, mancano contropiedisti per ribaltare velocemente il campo d’attacco e questo tipo di calcio non può essere la soluzione principale e naturale per la formazione d’Allegri. Serve maggiore tranquillità e lucidità nel possesso, specie nella trequarti avversaria, senza cercare immediatamente la porta, una calma che può arrivare dal giocatore maggiormente cresciuto in questo anno: Miralem Pjanić è non solo un credibile interprete nel ruolo di vero regista della squadra, ma è uno dei migliori centrocampisti d’Europa. Il prossimo blocco, quindi, dovrebbe confermare una Juventus sempre più sicura e brillante nel palleggio, aggressiva nella fase difensiva, come visto nelle ultime partite prima della sosta; sarebbe la dimostrazione che si tende verso una squadra vincente e consona alle qualità dei propri giocatori. Il recupero degli infortunati dovrebbe consentire una maggiore rotazione e a una condizione atletica ottima per eseguire un calcio dispendioso.
Davide Terruzzi.
Cosa sta mancando alla Juve 2017-2018
Storicamente, le squadre di Allegri ci hanno sempre messo parecchio tempo prima di trovare una struttura ottimale. Soprattutto nelle stagioni condizionate da un profondo rinnovamento della rosa. E infatti, a prescindere dai risultati, in questi anni si sono spesso visti per interi mesi esperimenti confusionari e prestazioni scarsamente incoraggianti, con ancora poche idee su come rendere la squadra tatticamente sensata.
Complice il fatto che il roster della Juventus attuale è prevalentemente quello del solido 4231 della seconda parte della stagione passata, i bianconeri hanno approcciato l’annata con molte più certezze rispetto al 2015-2016, col risultato che il rendimento complessivo della squadra è già più che soddisfacente. Oltre ai “pilastri” sempre più leader e decisivi in questa squadra (Pjanic e Dybala, per esempio), diversi acquisti hanno già mostrato grande costanza e qualità nelle prestazioni, come per esempio Bentancur e Matuidi, i quali si sono inseriti fin da subito a meraviglia nel modulo attuale (e il sottoscritto aveva diversi dubbi sul francese in una mediana a 2).
Tuttavia, non va dimenticato quale fosse lo scopo primario del calciomercato appena concluso. Ossia, quello di aumentare sensibilmente la qualità nella trequarti rivale, possedere più risorse, estro e soluzioni di passaggio in avanti. Anche, ma non solo, per aiutare Dybala. La portata degli investimenti estivi cementifica questa tesi, visto che per Douglas Costa e Bernardeschi sono state spese cifre importantissime, con l’obiettivo quindi di renderli protagonisti nell’economia della squadra.
Arrivati alla settima giornata, non si può non osservare come il loro inserimento abbia avuto decisamente più difficoltà se rapportato a quello dei centrocampisti. Il brasiliano è stato finora provato senza soluzione di continuità in praticamente tutti i ruoli possibili. Largo nel 4231 – sia a destra che a sinistra (e in questo lato ha disputato le prove migliori) – e attaccante destro nel 433. Si è però ancor fatto troppo poco per metterlo nelle condizioni di pungere, visto che la Juve è lenta nell’isolarlo sul lato debole per consentirgli di puntare l’uomo (cosa che avveniva alla perfezione nel Bayern di Guardiola). Anzi, si eccede in quelle ricezioni statiche che poi finiscono col limitarlo. Insomma, tatticamente Douglas Costa sembrava uno degli innesti più logici, ma Allegri non ha ancora totalmente chiarito le idee su di lui.
Era più facile prevedere qualche logico periodo di ambientamento per Bernardeschi. Oltre alla coesistenza con Dybala tutt’altro che scontata, ci va del lungo lavoro se l’obiettivo è quello di rendere l’ex Fiorentina in grado di giocare largo nel 4231: va migliorato il suo set di giocate e la sua completezza tattica in entrambe le fasi, oggi è ancora troppo monocorde. In ogni caso, si è ancora ben lontani dall’avere le idee chiare sul ragazzo in questa Juve, e lo stesso Allegri a Tuttosport si è soffermato in modo piuttosto chiaro sulle sue attuali lacune.
Un esempio sul fatto che ci sia ancora molto lavoro da fare viene dall’ultima gara con l’Atalanta. Negli ultimi 20′, coi bianconeri che dovevano cercare il gol della vittoria, si è vista davvero grossa confusione nella trequarti bergamasca, con movimenti ben poco sincronizzati e copertura del campo deficitaria. Non ha aiutato – e né ha palesato molto senso – collocare Cuadrado a sinistra e Douglas Costa a destra, col risultato che spesso si accentravano ed arretravano contemporaneamente, svuotando così la zona di rifinitura.
Finora sarebbe parecchio esagerato essere pessimisti o mostrare malcontento per il rendimento della Juventus. E’ però evidente che è nel reparto avanzato che passa lo step in grado di dare il salto di qualità definitivo alla squadra di Allegri. In questa zona del campo il tecnico livornese deve lavorare molto per rendere la sua formazione più efficiente, altrimenti i bianconeri perderanno molto del proprio potenziale e non riusciranno a sfruttare a pieno l’ultimo mercato. Senza parlare dei negativi risvolti economici per giocatori che sono stati oggettivamente pagati molto.
Jacopo Azzolini