Avanti Signora!

La Juve centra la qualificazione ai quarti di Champions superando il Porto per 1-0 con il rigore trasformato da Dybala

La Juve vola ai quarti di finale liquidando il Porto anche nella gara di ritorno. I bianconeri partivano dai due gol segnati al Do Dragao, ma la storia recente della Champions insegna che nessun vantaggio, anche più consistente, può ridurre una partita a una formalità. I bianconeri la rendono resa tale grazie all’attenzione con cui affrontano la gara. Un’ atteggiamento che permette loro di non rischiare praticamente nulla se non in due occasioni nella ripresa, quando la qualificazione è comunque già al sicuro grazie al rigore trasformato da Dybala nel primo tempo e alla superiorità numerica dovuta all’espulsione di Maxi Pereira.

Sarebbe forse lecito aspettarsi qualcosa di più dal Porto piuttosto almeno in avvio, ma d’altra parte, alla necessità di rimontare i due gol, si unisce anche quella di non subirne. La squadra di Espirito Santo sa bene che andare sotto vorrebbe dire con ogni probabilità essere fuori dai giochi, quindi non parte certo all’arrembaggio, lasciando invece l’iniziativa alla Juve, che ritrova Marchisio in regia e Cuadrado sulla destra.
I bianconeri si fanno vedere con Higuain, che mette a lato di testa e Dybala, che  spara fuori in due occasioni, mentre dalla parte opposta Soares prova a impegnare Buffon con un destro troppo centrale.

Quando i portoghesi entrano in possesso palla manovrano soprattutto per linee orizzontali, senza forzare le giocate e dal canto suo la Juve non ha alcun interesse ad alzare i ritmi. Così per lunghi tratti la gara non ha molto da offrire e si deve superare il ventesimo per vedere il cross di Cuadrado e lo stacco di Mandzukic, che costringe Casillas a bloccare a terra, quindi il suggerimento di Higuain per Dybala, che si allunga nell’area piccola, senza riuscire a indirizzare in porta.

La Juve cresce con il passare dei minuti e il Porto fa sempre più fatica a contenerla e dopo la girata di testa di Mandzukic, fuori di un soffio, ecco l’episodio decisivo: al 40′  Dani Alves pennella un corner sulla testa di Alex Sandro, Casillas riesce a togliere il pallone dall’angolino, ma lo spedisce sui piedi di Higuain che calcia a botta sicura. Maxi Pereira si sostituisce al portiere e nel tentativo di opporre il corpo, para letteralmente la conclusione. È rosso diretto e soprattuto è rigore, che Dybala trasforma con un rasoterra imprendibile.

Sotto di un gol e con un uomo in meno, i portoghesi dovrebbero provare il tutto per tutto, ma Espirito Santo inizia la ripresa togliendo una punta, André Silva, e inserendo un difensore, Boly, mentre nella Juve c’è Pjaca, al posto di Cuadrado. I bianconeri vanno vicini al raddoppio quando Danilo devia di testa il cross di Dani Alves verso la propria porta, chiamando Casillas a un mezzo miracolo, però rischiano quando Soares parte in contropiede, supera Benatia e si presenta a tu per tu con Buffon, ma calcia a lato.

La ghiotta occasione fallita è la definitiva mazzata al morale del Porto, che ora è in completa balia dei bianconeri, in costante controllo del match, anche se forse un po’ troppo leziosi, visto che concedono paradossalmente più ripartenze ora che durante il primo tempo. La qualificazione ormai è comunque assodata e ci si può concedere qualche raffinatezza come il colpo di tacco volante di Mandzukic che libera Pjaca al tiro, messo a lato. Al quarto d’ora Barzagli dà il cambio a Benatia e cinque minuti dopo, al termine di un’infinito giro palla, arriva il diagonale di Higuain, fuori di poco.

Nel finale di gara rifiata anche Dybala, sostituito da Rincon, e i bianconeri si siedono un po’ troppo, rischiando ancora di subire il pareggio con il pallonetto di Diogo Jota che termina sull’esterno della rete. È l’ultimo appunto sul taccuino. Il resto è solo un lungo applauso per la Signora, di nuovo tra le prime otto squadre d’Europa.

JUVENTUS-PORTO 1-0

RETI: Dybala rig. 41′ pt

 

JUVENTUS
Buffon; Dani Alves, Benatia (15′ st Barzagli), Bonucci, Alex Sandro; Khedira, Marchisio; Cuadrado (1′ st Pjaca), Dybala (33′ st Rincon), Mandzukic; Higuain
A disposizione: Neto, Lichtsteiner, Chiellini, Pjanic
Allenatore: Allegri

PORTO
Casillas; Maxi Pereira, Felipe, Marcano, Layun; Danilo; André André, Oliver Torres (25′ st Otavio), Brahimi (22′ st Diogo Jota); André Silva (1′ st Boly), Soares
A disposizione: Sà, Depoitre, Herrera, Neves
Allenatore: Espirito Santo

ARBITRO: Haţegan (ROU)
ASSISITENTI: Șovre (ROU), Gheorghe (ROU)
QUARTO UFFICIALE: Ghinguleac (ROU)
ARBITRI D’AREA: Petrescu (ROU), Colţescu (ROU)

AMMONITI: 12′ pt Cuadrado, 30′ pt Layun, 36′ pt André André
ESPULSI: 40′ pt Maxi Pereira

PASS VIDEO “chiellini”

Juve-Porto 1-0: Dybala ed undici metri di ordinaria meraviglia

Archiviata la pratica Milan, con annessi e connessi legati alle polemiche del post-partita, la Juve non si è distratta nel ritorno degli ottavi di finale di Champions League contro il Porto, e forte del 2-0 esterno dell’andata si è andata a conquistare il pass per i quarti conquistando anche stasera la vittoria grazie alla rete di Dybala, ancora una volta dal dischetto così come venerdì sera contro Donnarumma.

Allegri conferma Benatia accanto a Bonucci, torna titolare Alex Sandro a sinistra, in regia spazio a Marchisio con turno di riposo per Pjanic, per il resto tutte confermate le previsioni della vigilia.

Ottimi i primi dieci minuti bianconeri, la palla gira velocemente, la difesa portoghese ha qualche problema a capire soprattutto la posizione di Dybala, ma la Joya non è lucida in un paio di occasioni nelle quali si poteva concludere decisamente meglio. Nella parte centrale della frazione ci provano gli ospiti ad affacciarsi dalle parti di Buffon, ma il capitano resta praticamente inoperoso, viene concesso semplicemente uno sterile predominio territoriale fine a sé stesso. La Juve si accende quando il gioco si sviluppa dalle parti di Dani Alves, i duetti proprio con Dybala mettono in difficoltà gli avversari, si prova a sfondare da quel lato più che a sinistra anche perché la serata di Alex Sandro è tutt’altro che felice dal punto di vista tecnico. In chiusura di frazione l’episodio che fa partire già i titoli di coda sul discorso qualificazione: corner da destra, Casillas respinge goffamente la prima conclusione bianconera, Higuain è il più veloce di tutto, ma Pereira gli stoppa il tiro sulla linea. Il tocco del difensore del Porto, però, arriva col braccio, per l’arbitro non ci sono dubbi: calcio di rigore (arto largo, capito De Sciglio?) ed espulsione per aver interrotto una chiara occasione da gol. Ci pensa ancora Dybala, come detto, ad insaccare spiazzando l’estremo difensore ospite. Nella ripresa c’è subito Pjaca in campo per Cuadrado, già ammonito, il mister sceglie di prevenire pensando già al turno successivo. I ritmi calano inevitabilmente, sopra di tre gol ed in superiorità numerica non ci sarebbe stato motivo di forzare, ma qualche distrazione di troppo dietro, fra Dani Alves e Benatia, non sarà ben digerita nell’allenamento di domani, anche se comunque alla fine la rete resta inviolata: si chiude sull’1-0.

Il massimo risultato, dunque, col minimo sforzo: prova di maturità mentale, forze risparmiate, probabilmente si poteva fare qualcosa di più in termini di gioco sviluppato, ma per quello ci sarà eventualmente tempo e modo più avanti, stasera l’importante era costruirsi il prosieguo del cammino europeo, e così è stato.

Juve-Porto? Partita da 6 euro in corso Trapani

Enorme, intatto e profondo rispetto per chi come coloro, ed erano davvero tanti, che si potevano incontrare sotto i portici di via Po nel pomeriggio prepartita. Caldi, caldissimi, dalla provincia di Bari per la Juve. E sono soltanto un puntino nero dentro un amore bianco come quello di un bambino. 130 euro magari per un biglietto, per un’emozione forte, per trascorrere (come minimo sindacale) tranci di partita ad applaudire. Hanno applaudito, non c’è da dubitarne, forse soltanto alla realizzazione di Dybala e al triplice fischio che significava almeno un altro sacrificio, se non due.

 

Le premesse c’erano tutte, c’era una voglia di sentirsi Europa in modo del tutto particolare: il risultato dell’andata che spalanca le porte alla formula divertita, spettacolare, fors’anche spensierata e quindi adrenalinica, con il fattore Stadium e con il fattore due-esterni-brasiliani nella difesa a quattro. Certo, Europa alla maniera della Juventus che non è quella del Barcellona e neppure quella dei Borussia Dortmund o dei Manchester City.

 

Per il sottoscritto, che nelle premesse ci metteva anche altro tra cui una certa curiosità per il copione partita, la scelta era presto fatta: forza Luca, a vederla con il peggior amico di sempre, quello che ha sempre qualcosa da ridire, terrorista/problemista delle vicende Juve, colui per cui qualunque sessione di mercato ha già scritto la stagione che verrà. E’ un inguaribile. Eppure anche gli juventini con il tempo cambiano, diventano filosofi, ma evidentemente non cambia la filosofia continentale della Juventus.

 

Così alla fine è strano, è come sentirsi sul divano di casa. Cambiano a turno i volti degli amici, dei parenti, i quadri al muro.

1-0. Gara dai modesti contenuti. Deja-vu. Lo stretto indispensabile.

Invece era un bar “cinese”, due noi e sette anziani loro che al gol sul rigore, per esultare, girano giusto lo sguardo. Magari mi riconoscono, ma non avrebbero detto beh neppure fosse entrato Roberto Bettega per un caffè. O non lo avrebbero riconosciuto. Le bruttezze, in fondo, valgono un tuffo nel passato. Vale anche per le estreme bellezze. Per stare nel presente, e immergersi nell’evento, servirebbe pathos. Poi, per fortuna, rimedia il futuro. Il pensiero all’urna di venerdì, che un suo fascino ce l’ha sempre.

Tornando alla location, il monitor almeno era degno. A proposito di premesse: manca solo Pjanic. Il cameriere che si fa pagare prima passa in secondo piano. Io e lui, noi due, stiamo invecchiando bene al tavolino. Forse vale anche per la Juventus. Non fosse che è ancora giovane il ricordo della Juve europea di Capello.

La morale è che tutto è andato diversamente dalle aspettative, eppure bene. Il risultato, sia tecnico che sportivo, fa parte del mood delle partite di Coppa della Juve di Trapattoni (un mito, intendiamoci). Nel 2017 c’è però chi arriva a provar fastidio per un attaccante che si presenta in dolcevita e maniche lunghe nella giornata più calda della Torino di marzo. È come si ponesse già sulla difensiva. C’entra poco, ma Higuain non ne indovina una, se non forse uno stop alla Matri spalle alla porta. È fantastico, per certi versi. Rivivere gli anni della rinascita in cui anche le approssimazioni meritavano in sorriso di soddisfazione. O la partita di Marchisio, fotografia del suo momento. O Benatia che da quando si tocca l’inguine per la prima volta diventa un Gastaldello qualunque. E tante altre scene ancora. Cose da toast, succo ace, per un totale di 6 euro.

 

Soltanto a freddo Juve-Porto si misurerà poi con qualcosa. Si osservano i flussi semplificati e qualcosa, calcisticamente, appare più chiaro. La si riesce a rivivere, la partita. La si riesce a spiegare, capire, giustificare.

 

Flusso di gioco Juve vs Porto

 

Dani Alves è al momento la nostra dimensione europea, il vate, il viatico, ma anche il rallentatore, la palla che non scorre veloce, l’appoggio in assenza di Pjanic, il ridimensionamento delle doti di Cuadrado. Marchisio, d’altronde, neppure la gioca ai lati, anche se ci prova. Allegri, evidentemente, ha chiesto una gara in sicurezza e a conti fatti l’ha ottenuta. Che non dovrebbe comprendere il ritorno all’isolamento di Alex Sandro a sinistra, per quanto possa fare anche per due. Il discorso Pjaca è delicato, andrà fatto a parte e a tempo debito. La squadra ogni tanto si addormenta da sola, ma c’è da capirla. Il tutto con una sola sintesi finale: noi siamo sempre più Khedira. In tutto e per tutto. Anche nella sua dote più incredibile: saper alzare e abbassare il livello (anche di parecchio) a seconda del senso della partita.

Gliel’ho detta quest’ultima cosa, all’amico peggiore di sempre.

Non potevo invece annoiare gli amici e autori di Juventibus che ho incontrato mezz’ora più tardi in corso Vittorio.

Eravamo già così noiosi di nostro.

Chi veniva dallo Stadium aveva gli occhi spenti.

Si parla di numeri dieci e del prossimo allenatore.

C’è chi dormirà meno di 4 ore.

E’ così che crediamo alla Champions?

Me lo chiedo.

Uno al tavolo si gira, ha la maglia di Khedira.

Così, in corso Vittorio, ho trovato la risposta.

Luca Momblano

Ottavi di Champions League: Juventus-Porto 1-0

di Andrea Lapegna


La Juventus mette in cassaforte i quarti di finale vincendo 1-0 in casa. Fatali al Porto l’atteggiamento remissivo di partenza e l’inferiorità numerica. Buona prova in gestione.


Il ritorno degli ottavi di Champions è un toccasana per noi juventini. Ha il grande, irrefutabile merito di spezzare quell’assurdo clima di assedio cui siamo costretti in Italia. Al tempo stesso, ci innalza alle vette del maggior torneo europeo, come a premiarci per la grande fatica con cui sopportiamo le bassezze del Bel Paese, ricompensandoci con la sua aria pulita in vetta. Oltretutto, ci permette di misurarci con quella che deve essere considerata a tutti gli effetti la nostra casa, sia per obiettivi che per un fisiologico distacco dai livelli (morali e sportivi) del campionato italiano. Quindi, immergiamoci a pieni polmoni nella Champions League, perché ce lo siamo meritato un po’ anche noi tifosi.

Per l’occasione, Allegri ritrova i titolari sulle fasce. In difesa, Alex Sandro riprende la propria posizione, così come Cuadrado e Mandžukić sugli esterni alti. Dani Alves e Benatia vedono le proprie prestazioni maiuscole contro il Milan ricompensate da una maglia da titolare in Champions e Marchisio rileva uno stanco Pjanić. Nuno Espírito Santo, invece, deve fare i conti con due tipi di problematiche: la prima è l’assenza di Telles, squalificato dopo il rosso rimediato tre settimane fa; la seconda, più pressante, è la necessità assoluta di ribaltare il risultato dell’andata. Per questo, il portoghese ha optato per una squadra non tanto spregiudicata nel modulo, quanto infarcita di elementi verticali e con spiccate vocazioni offensive. Così si spiegano le scelte del modulo d’ordinanza – il 4-1-3-2 – ma schierando Óliver Torres, André André e Brahimi tutti insieme dietro al duo André Silva e Tiquinho Soares. Se da un lato il Porto sa di non poter contendere il pallone alla Juventus, dall’altro deve massimizzare ogni palla conquistata senza rischiare di sciupare ripartenze.

Forte dello 0-2 ottenuto nella gara d’andata all’Estádio do Dragão, la Juventus non ha alcuna intenzione di forzare i ritmi di gioco. A dire il vero, questa è la partita perfetta in cui la squadra dovrebbe dimostrare maturità e consapevolezza con il pallone tra i piedi, innalzando il livello tecnico per tenere la sfera lontana dalla propria porta e dai piedi degli avversari. Semmai, colpire al termine di azioni manovrate cercando e ricercando – sino a trovarlo – il giocatore tra le linee e quindi l’accelerazione decisiva del ritmo di gioco per scalfire la difesa ospite.

Anche il Porto adotta una formazione sbilanciata (a sinistra), con Brahimi faro tecnico della manovra avanzata (il Porto ha attaccato al 47% a sinistra). L’algerino e Dani Alves hanno dato vita ad un duello a tutto campo su quella fascia. Qui sopra, evidenziato il 4-2-3-1 della Juve, seppur in realtà difensivamente sappiamo essere un 4-4-2.

I primi dieci minuti vedono fasi di posseso abbastanza corte, con continue perdite del pallone. Dopo di che, quasi per inerzia, la partita sceglie di accomodarsi verso la piega voluta da Allegri, così come un gatto sceglie la luce del sole per sdraiarsi. La Juventus riesce ripetutamente a consolidare il possesso palla, scegliendo un’accorta circolazione bassa per spingere il Porto a difendere posizionalmente. I Dragões difendono il possesso consolidato avversario con un 4-4-2 ordinato, dove Óliver Torres scivola all’indietro al fianco di Danilo per formare la linea. Il pressing invece è passivo, e portato orientando gli avanti sulle linee di passaggio piuttosto che sull’uomo. L’unica velleità di riconquista (o meglio, di fastidio) in zona palla è concessa al passaggio del centrale verso il terzino.

Tiquinho Soares galleggia tra i due mediani coprendo due uomini. Brahimi e André Silva prendono posizioni larghe lasciando alla Juventus la prima costruzione, ma scattano sul terzino alla ricezione dal centrale, come nella situazione qui sopra.

La Juve invece adotta la solita, paziente strategia. I frequenti passaggi in orizzontale rinforzano la propria struttura, limitando al contempo gli errori tecnici. Khedira si abbassa a favorire l’uscita pulita del pallone dalla difesa, e Dybala quella dal centrocampo. Per forza di cose, la Juventus attacca massicciamente sul lato destro. E non potrebbe essere altrimenti: con la qualità offerta da Dani Alves, Cuadrado e Dybala in fascia, la squadra ha trovato qualcosa in più di un lato forte. Il fraseggio stretto e veloce in porzioni di campo anche ampie ha messo in difficoltà Layún e André André, entrambi costretti al giallo già nel primo tempo. Contemporaneamente, ha impedito a Danilo di presidiare con successo la zona centrale, preda sistematica di Dybala e Higuaín, e Khedira quando sceglieva di salire (un po’ meno un timido Marchisio). La Juventus farà passare il 45% delle proprie azioni offensive a destra.

Un’altra arma, ormai quasi uno schema mandato a memoria, è come ripetiamo da tempo il lancio di Bonucci per Mario Mandžukić. Non è tanto il lancio per l’ariete croato in sé e per sé a far salire la squadra, quanto piuttosto la conquista sistematica della seconda palla, che per la precisione di consegna è quasi un passaggio. Che sia una spizzata per la corsa di Alex Sandro (o Asamoah) oppure un anticipo sul marcatore in favore di un inserimento centrale, non c’è terzino che sappia tenerne la debordante fisicità. La squadra se ne avvantaggia, perché la difesa avversaria prima accorcia in avanti per difendere il lancio, e poi è costretta a scappare all’indietro una volta accertata la situazione di palla scoperta.

Tipo qui, in anticipo su Maxi Pereira a servire Dybala

Il Porto ad ogni modo ha saputo ricompattare le linee anche in situazione passiva, che ha reso più praticabile la via di un possesso forte. Quella del possesso come mezzo di offesa (se non proprio come fine di gioco), è una situazione in cui un giocatore come Dani Alves sguazza felice: il merito dell’anarchia del brasiliano è quello di rendere caotica anche la difesa avversaria, annullando i riferimenti dei movimenti classici del terzino. Per questo non è stato inusuale vedere il triangolo tra lui, Cuadrado e Dybala, scomporsi e ricomporsi sull’out di destra. Ogni tanto ci si ritrovava con Cuadrado basso e Alves alto, con Alves al centro e Dybala a destra, un paio di volte addirittura con Cuadrado in posizione centrale. Il tutto, chiaramente, permette un upgrade diffuso alla manovra in termini di imprevedibilità.

Il rigore e la conseguente espulsione di Maxi Pereira hanno inevitabilmente condizionato la partita e gli atteggiamenti dei 21 in campo. Forte del vantaggio numerico e di risultato, i bianconeri hanno di fatto trasformato la ripresa in un esercizio di possesso palla. Un rondo a tutto campo in cui l’obiettivo principale era quello di tenere la palla lontana dalla propria porta, cosa che – al netto di un errore marchiano ma sfortunato di Benatia – è riuscita in pieno. Ancora una volta, non si è rinunciato a cercare il varco con fraseggio, e l’ingresso di Pjaca (inizialmente a destra) per un irruento Cuadrado ha accentuato questa dimensione caratteriale della squadra.

Fraseggio stretto, Alves protagonista

Il terzino brasiliano è risultato ancora una volta più influente della squadra. È stato il giocatore a tentare (116) e completare (105) più passaggi in totale, ma anche nel  terzo di campo offensivo (29/33). Se l’occhio non l’avesse visto in campo, questi dati certificano ancora di più la centralità di Alves nel gioco. Per inciso, è stato anche il giocatore a recuperare più palloni, ben 11.

Già a metà della ripresa Allegri ha provato a equilibrare i flussi di gioco, spostando il talento di Pjaca nella casella precedentemente occupata dal suo connazionale. Il 4-2-3-1 è poi scomparso del tutto con l’uscita dal campo di Dybala per Rincón, ma l’attitudine della squadra è rimasta la stessa. Non c’è stata necessità (né evidentemente volontà) di forzare le giocate, in nome di una filosofia di gestione di partita e forze che tanto bene ha fatto sinora. La scelta di dosare le energie e il pallone, cioè rischiare zero addormentando i ritmi di gioco, è stata ancora una volta vincente. Missione compiuta.

Come si evince dal grafico in calce, la Juventus ha giocato più nel terzo finale avversario che non nel proprio (!)
Come abbiamo detto nell’articolo di presentazione degli ottavi di finale, non arrivare ai quarti sarebbe stato un fallimento, soprattutto in ragione del valore dell’avversario. Ora le cose si fanno interessanti e la Juventus potrà misurarsi con la dimensione sportiva che le compete (a meno di fortunatissime e certamente benvenute sorprese dall’urna, i.e. Leicester). Un passaggio del turno sicuramente agevolato dalla doppia superiorità numerica nei due incontri, ma che non deve in alcun modo minare le certezze che la squadra ha costruito sinora e concretizzato nei due match con i lusitani.