Caro Dani Alves, buon divertimento

Dani Alves, in occasione del Gran Galà del Calcio di ieri sera, ha ancora una volta raccolto la sfida giornalistica di raccontare retroscena legati al suo addio alla Juventus in anticipo di un anno rispetto alla naturale scadenza contrattuale.

Intervistato, in quanto presente al consueto evento che premia i migliori protagonisti della scorsa stagione (ma non incluso tra questi, a quanto pare), l’eclettico funambolo verdeoro ha alternato quelle che appaiono come condivisibili veritàa d altre discutibili opinioni. Parole che, insomma, un po’ lo riflettono, anche calcisticamente: eccellenti exploit ed improvvise letargie.

Il calcio italiano deve fermarsi e ripartire. Spero che sia la Juve sia il calcio italiano capiscano che bisogna cambiare, perché il calcio mondiale l’ha fatto.

Giusto. Senza entrare nel dettaglio del perché e del percome, il saggio El Tarantula si limita ad un generico e paterno monito: fermarsi e ripartire, cambiando. Anche lui si è fermato spesso, nella scorsa stagione: è rimasto pressoché immobile, all’incirca, per i primi centottanta giorni. Poi, è cambiato. Poi, ha cambiato squadra.

Sono andato alla Juve anche per far capire al calcio italiano che poteva migliorare e alzare il livello. Ma non sono stato capito.

Al netto dell’unica partita giocata fuori ruolo (27/11/2016, come centrale di destra in una difesa a tre a Marassi contro il Genoa, nel pesante passivo di 3-1), Dani ha cominciato arendere prestazioni degne della sua fama soltanto nella primavera scorsa: gli saremo sempre grati per averci regalato assolute meraviglie per ben due mesi. Finale di Champions League a parte, naturalmente.

Il calcio italiano deve prendere esempio dal Napoli.

Storie di belgioco, zero tituli, ma a testaalta. Altro che sollevare due trofei in quattro giorni.

Le squadre italiane che fanno benissimo in Europa non ci sono più.

Infatti, la scorsa finale di Champions League l’ha giocata con il Napoli. No, vero, era il PSG.

Al PSG sono felice non perché ci sono campioni, ma perché mi sento libero di giocare e divertirmi.

Certo. Divertirsi non è importante, è l’unica cosa che conta. E poi c’era anche la marmotta che confezionava la cioccolata…

L’ntervista

 

di Vittorio Aversano

E se Dani avesse ragione?

Come sempre le parole di Dani Alves fanno rumore e creano dibattito, e tendono a pesare come un macigno.  Sinceramente sarebbe il caso di analizzarle in quanto tali, ma facciamo un passo indietro.

Una premessa è d’obbligo. L’esterno brasiliano non è andato via da Torino nel modo adatto, e non si è congedato “a cinque stelle” dall’ambiente Juventus. E’ andato a Parigi, dove lo aspettava uno stipendio faraonico, e una città capace di soddisfare le “voglie” della fidanzata-modella. Bene, questa premessa è fondamentale, perchè l’addio infelice alla vecchia signora non deve offuscare i concetti di certe parole.

E’ facile intuire che il popolo bianconero è alla ricerca della Champions League, senza mezzi termini e senza mezze misure, e non solo, ma anche a ragion veduta. Il calcio è cambiato, questo è un dato di fatto. In Europa vinci se riesci ad imporre il tuo gioco, a prescindere da chi si ha di fronte. Devi avere una tua personalità, ed un tuo imprinting qualitativo e offensivo,  non speculando costantemente sugli avversari, portando, in modo insito dentro di te, una mentalità “italiana” ormai obsoleta. Perché giocando in modo speculativo la Juventus si è ritrovata si in finale, ma con tre difensori centrali di ruolo, un terzino puro schierato come esterno d’attacco a destra, ed un centravanti sacrificato sull’esterno d’attacco a sinistra.

Il Real ci ha dimostrato quanto la qualità possa pagare. In quel di Cardiff buona parte dello stile di gioco della Juventus è morto, e Dani Alves, seppur in modo colorito, lo ha detto. Ha detto quella che è la vera forza delle squadre che vincono in Europa. Tecnica, coraggio, personalità, prendersi dei rischi senza esasperare l’aspetto tattico. Possono anche essere lette in questo modo le parole del brasiliano, e sicuramente non stiamo parlando dell’ultimo arrivato, visto che la carriera ed i trofei sono dalla sua, e che forse il Giugno scorso è stato l’unico ad entrare in campo come se “giocasse al parco”,e non una finale di Champions. Vero, la Juve è arrivata in fondo con il suo calcio, ma ci chiediamo a cosa serve prendere tre goal in tutta la competizione se poi ne prendi quattro in finale. Forse sarebbe il caso di giocare per fare goal e non per non subirne. E’questa la chiave di lettura definitiva da dare alle parole del terzino del PSG.

Quindi, aldilà dell’addio, di una parola al momento sbagliato, e quant’altro, il concetto di “divertimento” espresso è forse molto lontano dal significato insito della parola, e probabilmente molto più vicino alla realtà del prato verde e che il prato verde ha dimostrato.

E allora, contestualizzando da un punto di vista differente le parole di Dani Alves, voi cosa ne pensate? Forse il modus giocandi  della Juventus dovrà mutare, perché seppur convincente, questo in Europa non è stato “vincente”? Forse sarebbe stato meglio ripartire con questa idea e filosofia nello spogliatoio bianconero?

Francesco Falzarano.