Cos’ha di speciale il gol di Ronaldo a Frosinone

Ogni gol di Cristiano Ronaldo contiene un suo controvalore tecnico, se non altro perché il suo campionario corrisponde all’enciclopedia del gol. Anche il più banale, il più facile – per così dire – e in generale ognuno tra i meno spettacolari. Perfino riguardando il goffo testa/palo/assist di Ferrari in occasione della prima storica rete in bianconero dell’asso portoghese si può estrarre qualcosa, per esempio la rapidità del processo di attenzione che CR7 dedica a ogni singolo pallone in ogni microsituazione.

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Ed è proprio questo suo processo di attenzione a tornare protagonista a Frosinone, partitaccia all’italiana se ce n’è una – in senso gagliardo, stoico, snervante – cioè quando Ronaldo sigla un nuovo gol che in pratica vale la partita. Il terzo ufficiale da numero 7 della Juventus, con il secondo (il bis al Sassuolo) che non ha bisogno né di tempo né di parole perché direttamente catalogato alla corposa voce dei Ronaldo Classics – sezione Campo Aperto.

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Cosa avrà di speciale questo gol, se non per il fondamentale peso dei tre punti, ovvero del cambio di direzione di un match tra lo stregato e il già visto (magari non molte volte in questi anni di Juve, ma l’adagio “avrebbero potuto giocare per tre giorni…” era dietro l’angolo con il paradosso vivente dell’assalto continuo e del portiere avversario che non sarebbe rientrato in nessun caso tra i protagonisti della partita).

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Quindi: cosa avrà di speciale? Forse, come ha suggerito qualche collega, che è stato un gol alla Higuain? Palla che sbuca – girata di prima intenzione – traiettoria più pratica che bella, ancorché precisa? La risposta è altrove, ed è solo in parte sorprendente. La risposta è nel processo di attenzione di Ronaldo che va ben oltre l’aspetto mentale. E’ sufficiente riguardarlo con un replay qualunque: l’attenzione di Cristiano è un’attenzione tesa, elettrica, totale. E’ l’attenzione del corpo insieme alla mente. Un’attenzione attiva, dal generale al particolare.

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E non c’entra nulla la posizione infine regolare rispetto all’ultimo difensore ciociaro al momento del tentativo di conclusione di Pjanic. Qui siamo nell’irrazionale, ovvero non si può esattamente spiegare il perché negli ultimi dieci secondi di azione il campione sia in gioco nel solo esatto istante (meno di mezzo secondo, tanto per intenderci) nel quale in fuorigioco ci potesse andare il VAR. Può sembrare incredibile, ma è proprio così.

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La si riguardi una, due, tre volte. Così da notare il dettaglio che rende Ronaldo unico nel suo genere, come la storia, i numeri e l’ambizione che ha sempre avuto gli riconoscono. Si noti la postura sempre direzionata, ovunque  si trovi il pallone, i muscoli tirati come allo start di una finale dei 100 metri. Anzi, si noti di più: Ronaldo non sta mai con il tallone a terra, non è mai una partenza da fermo la sua. A Frosinone si era ormai al flipper, e all’ottantesimo minuto il flipper stava per andare in tilt, con scossoni da destra e da sinistra e la palla che andava un po’ dove voleva lei.

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E Cristiano Ronaldo cosa fa? Balzella in punta di piedi, sul posto, senza la fatale smania di attaccare la porta con anticipo o quella di andare incontro al compagno anche se impantanato. Quei balzi sono il gol, il tempo e la successiva coordinazione. CR7 sente di dover soprattutto essere messo bene, direzionato bene, pronto a reagire, come fosse in allenamento, come fosse al primo minuto. Questa è la sua forza ulteriore.

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Magari sì, l’avrebbe anche segnato Higuain. Con una torsione minima, o appoggiando a fine girata il braccio a terra, preciso e sporco alla stessa maniera. O magari avrebbe dovuto addomesticarla prima, partendo con il tallone incollato a terra, e allora chissà. Dell’Higuain bianconero si è visto piuttosto altro: l’esultanza senza gestualità, la corsa verso il settore ospiti, l’abbraccio a due. Solo che una volta c’era Dybala e adesso c’è Bernardeschi.

Luca Momblano

L’iconico settembre di Federico Ronaldeschi

A un certo punto della scorsa stagione, prima che un fastidioso infortunio rimediato nel finale di un derby comunque marchiato a fuoco alla sua maniera ne arrestasse l’incedere, Federico Bernardeschi era arrivato a quota cinque gol e sette assist, alla media di un gol/assist ogni 82′. Numeri importanti ma che, comunque, non rendevano minimamente il tipo di impatto, emotivo prima ancora che tecnico, che l’ex Fiorentina stava riuscendo ad avere alla sua prima stagione in bianconero pur se impiegato con relativa continuità (26 presenze per complessivi 988′).

Dove eravamo rimasti…

 

Per questo che il primo scorcio 2018/2019 ci stia raccontando  di un #Berna33 uomo copertina come e più di #CR7 deve stupire relativamente, andando oltre la preoccupante involuzione tecnica e psicologica di Dybala, la forzata assenza di Douglas Costa almeno sino al termine della pausa di ottobre, l’inspiegabile (?) imprescindibilità di un Mandzukic fisicamente in difficoltà: quale che sia la situazione contingente, da titolare o a gara in corso, il ragazzo ha dimostrato l’attitudine non scontata a prendersi – magari a spallate: dettaglio che non guasta in un contesto che da sempre e non sempre a ragione predilige la forza bruta della sciabola al tocco in punta di fioretto – ciò che gli spetta.

Il gol da tre punti contro il Chievo, la prestazione di Valencia, mostruosa per qualità e quantità, la gara di Frosinone svoltata dal momento del suo ingresso in campo, sono tutte facce della stessa medaglia di imprescindibilità che, Ronaldo a parte, attualmente accomuna lui, Cancelo e Douglas Costa. Ovvero tra i pochi a non essere stati soggiogati, tecnicamente e non, dal portoghese e che, non a caso, sembrano già settati e pronti per assecondarne attitudini, abitudini, movimenti, richieste, linguaggio verbale e del corpo, mostrando anche la giusta personalità nel non scaricargli il pallone appena alza la mano e/o prendendosi la propria parte di responsabilità senza aspettare che il deus ex machina non ancora tale veda e provveda. Impensabile, al momento, credere di poter fare a meno di loro se non per cause di forza maggiore.

In occasione del 2-0 al Frosinone qualsiasi altro giocatore avrebbe passato la palla a Cristiano Ronaldo libero a centro area. Ma Federico Bernardeschi non è uno qualsiasi

 

Per uno come Cristiano (che è meno tiranno di quanto una certa narrazione artefatta lascerebbe supporre) questo conta tanto, come e più di un assist a porta vuota per fargli segnare qualche gol in più: significa avere il suo rispetto, significa investitura ufficiale a salire sulla sua arca, condividendone oneri e onori. E se uno dei due più grandi calciatori del mondo si fida di te non c’è davvero limite a quello che potrai fare, dopo quello che hai già fatto. Anche se quello che hai già fatto è stato prendersi la Juventus sul finire dell’estate che ha visto l’arrivo di Cristiano Ronaldo.

Claudio Pellecchia.