Dialogo con “Il Napolista”: Juve, Napoli e la coppa buona solo per chi la vince

Con Alfonso ci conosciamo ormai da un po’. Compagni di master prima e di stanza (a Roma, per motivi di stage) poi. Ci piacciono più o meno le stesse cose in materia di cibo, cinema, libri, musica (fatte salvo le sue derive nostalgiche per gli anni ’70), forse donne. E sul calcio (e sul modo di intendere lo stesso) la pensiamo alla stessa maniera. A dividerci, però, sono i colori: bianconero io, azzurro lui con tutto quel che ne consegue.

Anzi, no. Perché Alfonso è uno dei pochi tifosi avversari con cui parlo di calcio e non di pallone. Differenza non da poco: del primo parlerei per ore, le discussioni sul secondo mi annoiano dopo minuti cinque. Siamo quelli che Ricchiuti definirebbe bonariamente “nerd” nel senso più puro del termine: analisi, tattiche, moduli, statistiche e tutte quelle altre cose simpatiche ed utili (lui per “Il Napolista”, io per “Juventibus”: due realtà diverse ma uguali che abbiamo iniziato a frequentare in maniera quasi contestuale) per spiegare che, magari, una partita si vince o si perde non necessariamente per un rigore dato o non dato. Ah, a proposito: mai parlato di arbitri o complotti, almeno l’uno in presenza dell’altro: come in un tacito patto tra (gentil)uomini che nessuno intende non rispettare. Il campo solo il campo. Il resto, come cantava l’immortale (per Alfonso) Franco Califano, “è noia”.

Di partite insieme ne abbiamo viste, anche l’uno la squadra dell’altro: ma mai uno Juve Napoli o un Napoli-Juve (e, detto fra noi, dubito che accadrà mai per tutta una serie di motivi). Presentare l’andata delle semifinali di Coppa Italia, quindi, era l’ultimo passo di un percorso iniziato (in)consapevolmente quattro anni fa.

Claudio Pellecchia – Allora per una volta faccio io il padrone di casa (e non perché si gioca l’andata allo Stadium). La vigilia di questo Juve-Napoli (che poi sarà Napoli-Juve) la vedo molto diversa dal solito. Nessuna dichiarazione bellicosa, amici della palestra tranquilli dal vivo e sui gruppi WhatsApp, vicini di casa quasi disinteressati. Sarà mica solo “colpa” della Coppa Italia?

Alfonso Fasano – E che lo dici a fare, Claudio… La Coppa Italia è una specie di deterrente alle emozioni, nel calcio di oggi. Tranne per chi la vince, ovviamente. Scherzi a parte: è anche questo, ma è soprattutto un problema di contingenze. Avete 12 punti di vantaggio in classifica, state giocando o bene o con il vostro solito piglio dominante, non perdete e quando subite un gol vi incazzate come delle iene. Noi non siamo al massimo, abbiamo perso con l’Atalanta e siamo entrati in men che non si dica nella modalità “psicodramma collettivo”. Poi si gioca a Torino, dove nessuno vince mai. Poi è una partita che, a meno di risultati clamorosamente sbilanciati (non accade mai, tra Juve e Napoli) non decide granché, e in occasione della quale Higuain non torna a Napoli. Insomma, quasi quasi non la guardo. Tanto già so come finisce. Anzi, te lo chiedo proprio: come e quanto pensate di vincere, stavolta? Non scrivo questo perché sono scaramantico, assolutamente. Sono sincero, esattamente allo stesso modo di quando dico che guarderò Retequattro. Comunque, la domanda ce l’hai. Ti tocca rispondere. Oppure mi dici che cosa danno domani sera dopo “Dalla vostra Parte”.

CP – Ti dirò, se danno un classico Bud Spencer & Terence Hill (come spesso capita quando ci sono partite in chiaro altrove) ti faccio compagnia e ci guardiamo insieme “Altrimenti ci arrabbiamo”. Ma poi so che, fatalmente, si finirà per cambiare giusto per il gusto di “vediamo quanto stanno” e di lì andare. Per il resto pronostici, come sai, non ne faccio (l’ultima volta che ho voluto provare per ottenere un profitto, Insigne ha pensato bene di spedire il pallone fuori a porta vuota contro il Palermo, privandomi di un centinaio d’euro che fanno comodo di sti tempi), ma voglio farti contento e ti regalo una sensazione: questo clima da calma apparente mi fa più paura di un Napoli al massimo delle sue possibilità. Le condizioni per la gara che ti (anzi, vi) svolta la stagione ci sono, al netto di qualche problema di tipo mentale piuttosto che tecnico o fisico. L’ultimo Napoli che ho visto (contro Real e Atalanta) mi è sembrato vittima di paure ancestrali e blocchi psicologici che credevo superati, piuttosto che di un calo di condizione o di un sistema di gioco che gli avversari hanno imparato a neutralizzare. Ma, ovviamente, tutto viene letto in base al risultato e allora lo sbilanciamento nel pronostico ci sta ma non è detto che venga rispettato.

Alternative alla partita di un certo livello

AF – Beh, diciamo che pure io coltivo questa tua sensazione, però la mia è più una speranza. Ripartire di botto, con un botto a Torino, non sarebbe proprio male. Per una volta, però, ti devo smentire. Nel senso: il discorso del blocco mentale vale tutto per la partita del Bernabeu, e ci mancherebbe altro. Era il Real Madrid, non tutti a Napoli hanno colto questa sfumatura. Contro l’Atalanta, invece, ci è capitata una cosa che non succedeva da un po’: abbiamo sofferto dal punto di vista tattico. Cioè, abbiamo pure prodotto un buon numero di occasioni, ma non c’è stato un reale controllo tecnico della partita. La debolezza mentale che hai percepito nasce proprio da questo disagio in campo, una cosa che non avviene – perdonami – neanche quando giochiamo… con voi. Lo sai, sono un esteta, quindi necessariamente un sarrista. Però, contro l’Atalanta, mi è parso di vedere una squadra che non riesce a reinventare sé stessa quando le cose, per demerito tuoi e/o meriti dell’avversario, cominciano ad andare male. E questo è un limite che può essere superabile contro una Genoa o una Sampdoria. Non contro questa Atalanta – a proposito, che cazzo di squadra, Ed ecco che il discorso mentale passa in secondo piano. Ovviamente, per “reinventare” se stessa non cado nel trappolone inutile dei moduli, dell’attaccante in più. È una questione di alternative di gioco, i discorsi sul 4-2-3-1 li lascio a voi capiclassifica ed (ex?) pagani del bel calcio. Ecco, questo ti volevo chiedere: ma veramente pensate di aver imbroccato la strada per giocare (pure) bene? È questa la miglior Juve possibile? È bastato passare alla difesa a quattro per vederla? Dimmi che non è solo questo, altrimenti tutto quello che ho detto agghindandomi a grande esperto va in vacca.

CP – Credere è una cosa, sperare è un’altra. E io sono ancora in fase di coniugazione del secondo verbo, nel senso che sono ancora in attesa di un battesimo del fuoco contro una squadra veloce di testa e di pensiero, che sia in Champions o in una gara di cartello di campionato (o Coppa Italia, magari al San Paolo, perché no?). Di certo, però, sto finalmente cominciando a vedere la squadra fare quello che credevo fosse in grado di fare fin da subito, liberata da certi dogmi e retropensieri di un calcio che, per il valore della rosa che hai a disposizione, non puoi più permetterti di giocare. Non ne farei nemmeno una questione di moduli (per quanto il 3-5-2 alla lunga è risultato limitato e limitante, soprattutto nelle serate oltreconfine) quanto di interpretazione degli stessi: difendere con il baricentro alto, imporsi attraverso il possesso ragionato, accettare il rischio dell’ uno contro uno, mantenere i reparti compatti evitando che la squadra si spacchi in due, sono passaggi obbligati della grande squadra che vuole esserlo davvero. E se non lo fa la Juventus versione 2016/2017 non so proprio chi possa farlo. Diciamo che, dopo Firenze, Allegri ha deciso di accelerare un progetto che, sono convinto, gli ronzava in testa da un po’. Trovando nel ko contro la Fiorentina l’argomento ideale per superare le ultime resistenze dei senatori. Se l’azzardo avrà pagato saprò dirtelo, fatalmente, solo alla fine. Perché, purtroppo o per fortuna, da noi questi discorsi, senza i trofei a suffragarne la bontà, resterebbero vuoti e privi di senso. Ma (e ti parlo per me, con buona pace di chi mi insulterà al grido di #vincereèlunicacosacheconta) se si fossero gettate le basi per un nuovo modo di vincere le partite (e molto poco juventino da questo punto di vista) sarei ugualmente contento.

AF – Vedo una lotta intestina tra il “certo juventino” che è in te e l’appassionato di calcio, a cui importa anche come si vince. È già qualcosa, soprattutto a leggere i commenti di “certi juventini”, quelli “storici” e stoici. Secondo me, se fai i volantini della tua ultima frase sul “poco juventinismo” del vincere le partite anche attraverso l’estetica, ti rinnegano ufficialmente come juventino. Che poi, nel nostro “piccolo”, è la cosa che sta succedendo adesso con Sarri qui da noi. Il discorso che ho fatto io sopra – con le contaminazioni varie del turnover del concetto di “valorizzazione della rosa” espresso da De Laurentiis – diventa un punto di polarizzazione su cui Napoli, bravissima a farlo, si sta dividendo. I pro-Sarri (tantissimi, la maggioranza) e quelli che capiscono/condividono le parole di De Laurentiis. Io credo che entrambi abbiano palesato, negli ultimissimi tempi, i loro pochi difetti. Però ha sbagliato motlo di più Adl. Però credo pure che noi stiamo facendo quello che possiamo/dobbiamo fare per provare a vincere. Sul campo e sul mercato, soprattutto, abbiamo scelto una strada precisa e che a me piace parecchio. Voi come state da questo punto di vista? Posso dire che tu, davanti a un pezzo di sashimi, mi hai detto di essere «ideologicamente contro un 28enne a 90 milioni». Hai cambiato idea? Credi che sia un progetto coerente? Sai come la penso: la vedo più una cosa a termine. E vi facevo più lungimiranti, sinceramente.

CP – Il progetto è coerente perché è un progetto biennale. La Juventus ha questa e (forse) la prossima stagione per andare all in e puntare al bersaglio grosso (inutile che ti dica quale sia) prima di ricostruire se non da zero, quasi. E Higuain è esattamente la risposta alla tua domanda: su piazza, di quelli prendibili (leggasi clausola biennale) era ed è il migliore. Mai messo in discussione il suo valore sul campo (sarebbe stato da folli) e, ormai, ogni volta che lo vedo giocare (non necessariamente segnare) mi chiedo come avessimo fatto senza di lui. Questo all’atto pratico, con i numeri che danno ampiamente ragione all’investimento. Poi, però, l’idealista che è in me ti conferma quel che ti disse davanti a quel piatto di sashimi e ti confessa che, fosse stato per lui, si sarebbe tenuto a tutti i costi Morata (da far giocare CENTRAVANTI come a Monaco nella più bella illusione collettiva dell’ultimo lustro) e Pogba e con un Pjaca (e Zielinski: per quello, ti assicuro, rosico come poche volte nella vita) in più da scatenare ogni volta che si poteva. Ma, appunto, hanno deciso di optare per una programmazione a brevissimo termine che potrà essere valutata solo il 1 giugno 2018. A proposito di progetti, programmazioni, annessi e connessi: credi sul serio che la strada tracciata da ADL, deliri post Madrid a parte, sia quella giusta per una realtà come Napoli? E soprattutto quanti centesimi mancano al classico euro affinché ci sia anche un riconoscimento concreto oltre che estetico?

“Thunderstruck”, olio su tela, 2016

AF – Non credo sia assolutamente giusta, proprio per la domanda che tu – da italiano e juventino – mi poni alla fine. Anzi, per la postilla che mi fai: in una piazza come Napoli. In una piazza come Napoli, ti rispondo io, non è giusto niente. O quasi. Ma succede anche da voi, ho letto dei veri e propri deliri contro Allegri quando vincevate senza convincere o addirittura non vincevate. Torniamo al Napoli: non è la strada giusta, perché i tifosi “vogliono vincere”. Ma è il progetto che ci vuole, perché è sostenibile a lungo termine, finalmente sposta l’hype del Napoli dal grande campione catalizzatore a un gruppo di buonissimi/ottimi giocatori di cui Zielinski è lo zenit assoluto (anche se da Madrid in poi, è in sofferenza). E, soprattutto, assicura il diritto/gusto di stare lì, in alto, pronti a sfruttare i cedimenti altrui (vostri). Che, però, mannaggia, sono molto rari. Tipo, magari (smetto i panni dello scaramantico), quello di domani sera. Ipotizzo cosa potrebbe succedermi di bello, ovvero un modo attraverso cui il Napoli potrebbe riuscire a strappare un risultato positivo. Vedi se dico stupidaggini: partita perfetta nostra sul piano difensivo, Pjanic e Khedira che corrono poco e quindi non riescono a seguire il possesso veloce del Napoli e i tagli degli esterni dietro i centrali, che non sono velocissimi (la scelta di non schierare Rugani, per me, resta inspiegabile sempre). Questo è il best scenario tattico, per me. Il worst è che voi ci schiacciate dietro fin da subito con le vostre partenze a mille all’ora, segnate e poi iniziate con l’irritante slow play posizionale che inaridisce il nostro gioco. A quel punto, possiamo seriamente passare su Retequattro tra Napoli e provincia. Dimmi tu, ora.

Gioie possibili (del Napoli) e come trovarle

CP – Piccola precisazione: Pjanic non corre poco, anzi: ho scoperto che, in media, copre quasi 11 km a partita e sta diventando un esperto nel recuperare palloni intuendo prima le linee di passaggio (un pò come Khedira che, però, paga una fisicità diversa che lo fa apparire più lento di quel che è). Per il resto, più di me ti ha già risposto Allegri in conferenza stampa. Quel «è importante non prendere gol» designa un canovaccio tattico ben definito e che potrebbe portare a lunghi momenti di stasi della partita, con entrambe le squadre attente a non mostrare troppo i propri punti deboli: la Juve perché, comunque, si trova per la prima volta al cospetto di una squadra che può farle davvero male una volta recuperata palla per la contro-transizione in verticale; il Napoli perché, per una volta, non può puntare a farne semplicemente uno in più degli altri (dettaglio che, nelle goleade contro Torino e Bologna, ha mascherato alcuni passaggi a vuoto difensivi). Sarò banale, ma vedo una gara molto simile a quella di campionato, in cui a fare la differenza saranno gli episodi in negativo, come una marcatura preventiva sul taglio non eseguita o una palla persa di troppo.

AF – E su questo noi siamo molto più “avanti” di voi, e qui ti rispondo a una cosa che mi hai chiesto prima: i centesimi che mancano da sempre per fare il classico euro sono questi blackout che ci fanno prendere due gol a Torino e quindi perdere. Sì, non dovrei mai scriverlo ma sono d’accordo con te. Sì, lo so che voi siete più bravi in tutto. Ma noi siamo più belli, rassegnatevi. Vi abbiamo anche scritto, una volta, per dirvelo. Non ci avete mai risposto. È colpa di questi postini pelandroni che non consegnano le lettere e sono quasi peggio di quelli che sorteggiano i turni di Champions. A proposito, dopo la sculata del Porto a dicembre: per i quarti? Vi può bastare la vincente di Siviglia-Leicester o facciamo risalire il Rostov dall’Europa League?

CP – I quarti? Cosa sono i quarti? C’è ancora un ritorno da giocare e io temo sempre l’ “effetto Paulo Sousa” (l’equivalente di Béla Guttmann). E comunque no, contro Sampaoli non ci voglio giocare mai più nella vita (si spero eliminino il Leicester: sono un cinico, odio il romanticismo e le “macchinate ignoranti” connesse). Se passiamo e se proprio mi fosse data facoltà di scelta, punto al bersaglio grosso: quindi Bayern per la catarsi definitiva che mi farebbe davvero sperare in ottica Cardiff. E voi invece? Credete alla remuntada alla spagnola contro gli spagnoli più spagnoli di tutti (anche perché se do dello spagnolo al Barcellona, rischio il linciaggio da parte dei catalani)?

AF – Passaparola. Ci dobbiamo prima arrivare. Comunque sì, se proprio dovete cambiare allenatore (dovete proprio?), Sousa mi sembra l’uomo giusto. Tanto bravo quanto nero come la morte, nel senso di sfortunato. Mi sento di consigliarvelo.

CP – Io, invece, vedrei meglio Spalletti (per Sousa non ho un particolare trasporto – Antonio Corsa perdonami) ma, come si dice, de gustibus e comunque non decido io. Altrimenti mi sarei affidato a Bielsa già tre anni fa. Così, per dire…

AF – In realtà tu sei un cazzo di tifoso del Napoli mascherato. Higuain, Argentina, sofferenza, uomini pazzi, bel gioco. Tanti saluti, caro. Vado a crogiolarmi in attesa dei commenti di chi, domani, ci definirà come “juventini” per aver parlato con voi. Senza sapere che ora siete microchippati dall’interno e che domani, pronostico, vincerete “solo” 2-1. Poi ci vediamo al San Paolo.

CP – Ah vabbè se è per quello anche io domani mi aspetto la mia quotidiana razione di insulti per aver fraternizzato inopinatamente. Guarda, io invece ti dico 0-0 agonico. Chi perde paga un altro piatto di sashimi al giapponese dietro Piazza Dante: se proprio devono venirci a prendere almeno diciamo dove ci facciamo trovare no?

AF – È un all you can eat, non si pagano sovrapprezzo. Che paraculo che sei. Sei tornato juventino tutto all’improvviso. Ci vediamo lì, per tutti. Vi infilzeremo con le nostre bacchette.

Siete tutti invitati al sushi post partita

AF – Ah, nel frattempo ho controllato. Domani sera, su Retequattro, danno “Bernardette – Miracolo a Lourdes”. Mi pare un titolo appropriato.

CP – Amen.

Claudio Pellecchia.

Ho visto cose che voi juventini../ Welcome Luciano!

Ho visto cose che voi juventini../ Welcome Luciano!

 

Ho visto una Juventus saldamente in mano al proprio allenatore. Non entro nei meandri delle sue capacità tattiche, mi sottraggo da tempo alla diatriba vedove-aziendalisti e adesso perfino al dibattito #iostoconAllegri vs #iostoconBonucci. Tuttavia mai come ora, in questi tre anni, abbiamo avuto la sensazione di una forte leadeship del tecnico. Allegri è probabilmente, nella storia della Juventus, l’allenatore con le vittorie a più basso coefficiente seduttivo. Basta osservare il livello di attaccamento del popolo gobbo al suo mister. Contano forse il suo passato, le circostanze dell’arrivo, uno stile di gioco più da scacchista che da guerriero – la sua ormai celebre halma – al quale il tifo bianconero è poco avvezzo ed incline. Tutti ostacoli ad un innamoramento che eppure, osservando i numeri, sembrerebbe quasi “dovuto”.

Adesso però il passaggio ad un modulo fino a poco prima impensabile, alcuni passaggi di conferenze stampa e la gestione del caso-Bonucci (accompagnata pare da qualche pugno sul tavolo, e non un tavolo qualsiasi) sono fatti che ci descrivono un mister risoluto a vivere questi tre mesi finali di stagione senza compromessi e compartecipazioni di potere, con le mani saldamente incollate al timone. Tre mesi nei quali non gli si potrà dare più del gestore e chi pensa di averlo già catalogato potrebbe cambiare idea, nel bene o nel male. Di certo, alla fine, non ci saranno più “neutrali”.

Mai come adesso Allegri è apparso “un uomo forte al comando” e mai come adesso è sembrato vicino ai saluti. Che paradosso! Il nervosismo post-Doha, le scene di insubordinazione di alcuni calciatori (nulla di grave, ma abbastanza raro nell’ambiente Juve),  presunti diktat generalemnte poco apprezzati in terra sabauda, le voci di corridoio che si rincorrono… diffondono nell’ambiente la sensazione di un addio vicino.

In questo contesto si delinea una figura che sembra ormai pronta per succedere al Livornese sulla panchina bianconera. Non è tanto la continuità di risultati ammirevole in un ambiente polveriera come quello romano, non è neppure l’equilibrio trasmesso alla sua attuale squadra (che, rispetto al passato, concede poco e capitalizza al massimo le palle gol costruite): Luciano Spalletti studia da mesi sul testo “Diventare allenatore della Juventus”, concentrandosi sul capitolo “Comunicazione”. Nessun “mai alla Juve!” buttato dentro (nonostante diversi assist al bacio) in conferenza stampa a Trigoria, nessuna polemica in pasto alle lupe su torti arbitrali veri o presunti, e infine la splendida prestazione di domenica ai microfoni di Premium Sport, dopo il netto 3-1 in terra Bauscia.

Per tutta la settimana tutti gli ex interisti sono stati sguinzagliati in tutte le trasmissioni per parlare dei fatti arbitrali, ma a me non interessa. Io lo scorso anno su 19 partite ho avuto un solo calcio di rigore a favore e non mi sono mai lamentato. Ora non mi dite che i punti di differenza sono i calci di rigore. E’ stato fatto un lavoro certosino sull’insoddisfazione dell’Inter sulla classe arbitrale

Caro Luciano (a proposito, nome azzeccatissimo!), non hai ancora visto niente. Tu ti illudi, ma ti servirà studiare ancora parecchio per gestire con sapienza i tanti “la Juve rubba” da  fronteggiare, magari al primo gol dopo rimessa laterale invertita dieci azioni prima. Quello che è certo, però, è che la Jeep con cui arriverai a Vinovo non sarà accolta con uova e sputi. Sei già uno di noi: welcome, Luciano!