Il mio grosso grasso Milan-Juve greco

Regole fondamentali per organizzare un weekend all’estero:

1) aspettare l’uscita del calendario del campionato;
2) verificare gli anticipi e posticipi per sapere l’orario in cui gioca la Juve;
3) scegliere come prima opzione le strazianti pause per le nazionali;
4) se quelle sono già occupate, optare per le partite con orari compatibili a una cena tranquilla e beata (questo dipende anche dal risultato, ma non è prevedibile).

Sabato 29 ottobre, alle ore 18, c’è Milan-Juve. In Grecia sono le 19, va bene così.

Va bene così. A meno che, quando chiedi al pub di fiducia se trasmetteranno la partita alle 19, non noti nella titolare uno sguardo incerto, non la veda consultare l’elenco delle partite in programma e ti senta dire che sì, la possono trasmettere, ma alle 19.30 comincia Panathinaikos-Olympiakos, derby sentito poco meno di una guerra, che qui pare conti vagamente più di Milan-Juve.

5) d’ora in poi: controllare il calendario del paese di destinazione.

Quando ormai sono certo di dovermi accontentare degli ansianti messaggi di aggiornamento via WhatsApp in cui la gente scrive continuamente cose incomprensibili tipo “ooohhhh”, “eeeeehhh”, “ma daiii”, tutto tranne il risultato, accade l’impensabile e mi ritrovo a guardare la partita nella casa vuota del telecronista del match per la televisione greca.

Sono sul suo divano, guardando Milan-Juve commentata da lui, che avevo conosciuto casualmente poche settimane prima in spiaggia.

La partita, per cui ho tanto lottato, per cui sono state inspiegabilmente premiato, a questo punto non può tradirmi.

E infatti, dopo un inizio promettente dei sette volte campioni d’Europa, più ricchi che mai con i loro 200 milioni investiti in una estate, Higuain fa un gol alla Higuain e a fine primo tempo, nell’unica vera occasione dei rossoneri, loro prendono una traversa e sulla ribattuta il mio amico, ospite, telecronista non vede nessun fallo di mano, al contrario di qualche suo omologo italiano troppo innamorato del Var.

Nell’intervallo, gli highlights del primo tempo cominciano dalla coreografia dei sette volte campioni d’Europa, con riferimento ai tempi d’oro perfino tenero, se si pensa che da tempo si trovano a tifare Abate, Zapata e Antonelli, che ogni estate si esaltano col calciomercato sognando di rinverdire quei fasti; il processo di interizzazione è completato anche dalla lagna arbitrale costante da Muntari alle scritte offensive negli spogliatoi dell’anno scorso, senza rendersi conto che da anni giochiamo sport diversi e non può bastare un rigore o un Bonucci in più o in meno a invertire le cose.

Il secondo tempo va come il primo, con loro in avanti all’inizio, un altro gol di Higuain alla Higuain e il controllo in totale serenità fino alla fine, senza discussioni, tanto che gli spogliatoi stavolta rimangono lindi e puliti.

Così, grazie al mio amico, ospite e telecronista, ho potuto ammirare la grande giornata di Gonzalo, i duetti con Dybala, l’affidabilità di Asamoah, la crescita di Rugani e a mio modo ho potuto anche scusarmi con Chiellini, perché l’ho sempre apprezzato ma forse negli anni passati non avevo capito quanto fosse importante.

Prima di chiudere la porta scrivo su un tovagliolo un “grazie” che comprende tutto: l’ospitalità, la comodità di quel divano, la bella cronaca senza riferimenti continui ad arbitri e moviole, il risultato, che forse non è merito suo ma per me è come se fosse così.

A quel punto è ora di cena, che sarà tranquilla e beata come avevo immaginato al momento dell’organizzazione del weekend, mentre i tifosi del Panathinaikos girano festosi per avere sconfitto i rivali di sempre.

Il calcio, in fondo, è esattamente questa cosa qui: vittorie, sconfitte, nostalgie di tempi andati, speranza di viverne di migliori, voglia di continuare a vincere, amicizie improvvise che da fuori sembrano inspiegabili. E Higuain che segna, se gli lasci un centimetro di troppo.

Il Maestro Massimo Zampini.