Inter-Juventus 2-1 – Pjanic attaccato, Dybala abbandonato

Uno degli aspetti a mio avviso più interessanti della stesura di un’analisi tattica è che costringe a fare valutazioni slegate dal vincolo del risultato. Per questo, quindi, nelle puntate precedenti di questa rubrica sono comparsi appunti sugli aspetti che mi sembravano deficitari nel modo di stare in campo della Juve, nonostante il conforto del punteggio. Dopo una sconfitta, l’approccio non cambia: l’obiettivo non è “spiegare” il risultato finale, che è spesso determinato da episodi – e il fatto che la stessimo vincendo la dice lunga al riguardo.

In quest’ottica, vale la pena far notare come i primi 10 minuti di questa Inter-Juve da dimenticare siano stati giocati in realtà con buona intensità dai bianconeri, abbastanza aggressivi nel recupero palla e rapidi nel trovare lo scarico per far salire la squadra, soprattutto a sinistra. L’atteggiamento iniziale quindi era quello giusto, o se non altro era analogo a tante altre esibizioni della Juventus allegriana.

 

 

Il rebus della costruzione bassa

I problemi sono cominciati quando, come spesso capita, la Juve ha provato ad abbassare i ritmi nel tentativo maldestro di congelare la partita. L’Inter non aveva alcuna intenzione di accettare passivamente questa deriva e ha pressato senza paura la nostra circolazione bassa, individuata come punto debole anche da De Boer (dopo Sampaoli in settimana).

Pressing Inter

Questo lo schieramento dell’Inter sul calcio dal fondo di Buffon: il setup è praticamente identico a quello del Siviglia, ma con una ancor più marcata tendenza a seguire a uomo il diretto avversario. La Juve è abituata a difendersi da queste situazioni facendo girare la palla in orizzontale con pazienza, ma l’Inter non ha avuto remore nel fronteggiare la nostra costruzione bassa pareggiando l’ampiezza, anche a costo di destrutturare fortemente la forma della squadra.

La scelta dei nostri difensori di muoversi per vie orizzontali è stata talmente esasperata nella sua pigrizia che talvolta la Juve sembrava fare di tutto per attirare a sé il pressing dell’Inter, salvo poi non trovare gli sbocchi verticali per aprire la manovra. Nel video, Chiellini va subito indietro su Buffon, quasi in automatico; il passaggio fa perdere metri alla squadra e aziona il pressing nerazzurro; la palla finisce fuori dal campo sull’out opposto, come per inerzia, come se fosse l’unico esito possibile.

Le poche volte in cui riusciva a uscire palleggiando dalla trequarti difensiva, la Juve ha cercato di sovraccaricare la fascia destra, stavolta non solo con il classico decentramento di Dybala, ma anche con i tagli in profondità di Mandzukic, più efficace – fra mille virgolette – come punta di movimento (5 dei suoi 15 passaggi effettuati dall’out di destra) che come boa offensiva (0 duelli aerei vinti su 6).

Per il resto, la squadra di Allegri si è affidata alla palla lunga come scorciatoia: 13 lanci lunghi sbagliati a fine primo tempo, che sono diventati 24 a fine partita; 75% la precisione dei passaggi in avanti; appena il 63% di passaggi completati nell’ultimo terzo di campo: freddi numeri di una partita tecnicamente insufficiente.

Non è però una mancanza attribuibile solo alla tecnica individuale degli interpreti. Inserendo Pjanic per Lemina, scelta invocata da molti al termine della partita contro il Siviglia, la gestione bassa del possesso non è migliorata. Ciò su cui bisognerebbe intervenire sono i movimenti e i tempi per saltare la prima linea di pressione, perché ricorrere solo e sempre allo scarico sicuro (spesso perdendo un tempo di gioco per aggiustarsi il pallone) rischia di portarti in un cul de sac lungo la linea laterale. Che Pjanic giochi davanti alla difesa o mezzala, il punto è come far arrivare la palla a lui e agli altri centrocampisti.

 

Proteggere Pjanic

Il bosniaco, oggetto di molte critiche per la sua interpretazione del ruolo, ha giocato a mio avviso la partita che ci si aspettava in fase di possesso palla: circolazione pulita e ordinata, con predilezione per il gioco corto e disponibilità in tutte le zone del campo. Si confronti il suo pannello con quello di Lemina contro il Siviglia (partita in cui peraltro la Juve aveva goduto di maggior possesso palla) per verificare la diversa incidenza sulla manovra:

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Purtroppo sono emerse evidenti lacune nella sua interpretazione difensiva, che avrebbero dovuto suggerire una migliore protezione della sua area di pertinenza da parte delle mezzali e dei difensori centrali.

Lo sappiamo, Pjanic non è portato al corpo a corpo, ma vederlo passeggiare su una palla persa a centrocampo, al tredicesimo minuto, con il resto della squadra che ripiega furiosamente non è un buon segnale dal punto di vista mentale.

Scarsa attitudine al recupero palla e letture difensive rivedibili sono evidenti anche in questa sequenza di errori a centrocampo:

A inizio azione Banega è il suo uomo, ma Pjanic lo perde completamente sul campanile aereo di Eder, non andando nemmeno a contendere la seconda palla. Nell’azione immediatamente successiva, è in ritardo su Joao Mario e anziché temporeggiare prova a uscire forte e si fa saltare facilmente dal centrocampista portoghese.

De Boer ha interpretato al meglio le difficoltà di Pjanic e ha predisposto un set di ricezioni alle sue spalle e ai suoi fianchi, che hanno aiutato moltissimo l’Inter a consolidare il possesso e a creare pericoli per vie centrali.

A inizio azione era soprattutto Banega a muoversi alle spalle del bosniaco, cercando di mettersi in luce per fornire una linea di passaggio a Medel e ai terzini:

A posseso consolidato, Banega e Joao Mario cercavano invece ricezioni ai fianchi di Pjanic per portarlo fuori, mentre Eder, approfittando della posizione sempre molto alta e aperta del terzino sinistro Santon, si accentrava e si muoveva in armonia sul fianco opposto del nostro numero 5. Questa combinazione di fatto tagliava fuori Pjanic (0 intercetti, forse un unicum per un metodista di Allegri), poco supportato in questo dai pessimi Khedira e Asamoah, ma anche penalizzato dall’atteggiamento troppo passivo dei tre centrali.

 

Schiacciati

Il gol della Juve, capolavoro di Sandro su regalo in primis di Candreva, svagato nel raddoppio, è arrivato in una fase della partita in cui i bianconeri sembravano aver rinunciato a creare qualunque pericolo per la porta di Handanovic.

A colpire è stato soprattutto il calo di Dybala, vistosamente in debito d’ossigeno per tutta la seconda frazione di gioco. Solo 12 i passaggi ricevuti dal numero 21 nel secondo tempo, contro i 21 della prima frazione, a testimonianza di una scarsa mobilità nel proporsi come riferimento avanzato. Un calo atletico che non stupisce più di tanto, visto l’enorme lavoro di cucitura richiesto alla Joya su oltre 60 metri di campo: non deve sorprendere che poi Paulo si ritrovi a giocare solo 4 palloni in area nell’arco dei 90 minuti.

L’atteggiamento rinunciatario è stato comunque proprio di tutta la squadra, che ha smesso di accompagnare i contropiedi, decretandone l’aborto in partenza.

Si confronti in quest’azione l’intensità degli interisti nel recupero del pallone con la staticità della linea bianconera, che sale camminando e rimane a 5 senza accompagnare con gli esterni. Il doppio effetto è l’isolamento delle punte e la facilità per i centrocampisti dell’Inter nel riproporre indisturbati l’azione offensiva.

A fine partita, le due squadre hanno recuperato 53 palloni a testa: la differenza fondamentale è che l’Inter ne ha recuperati 12 nella metacampo avversaria, ben 5 in più della Juve.

 

Le difficoltà reiterate nella costruzione bassa, la sterilità offensiva, l’infortunio di Benatia che toglie profondità alle rotazioni dei centrali, il rebus della composizione del centrocampo a tre, la mancanza di una alternativa a Dybala con caratteristiche simili: se Allegri vuole condurre qualche esperimento per trovare l’assetto migliore a questa rosa, magari provando a trovare risorse fresche sugli esterni, non sembra esserci momento migliore di questo. Anche la classifica non deficitaria e il calendario in leggera discesa potrebbero facilitare il compito a Max. Certo, cambiare a causa delle contingenze non è la condizione migliore per inaugurare un nuovo corso tattico.

La mia impressione è che la causa di queste piccole difficoltà non possa essere cercata negli “undici”: sarebbe offensivo ritenere che la squadra scesa in campo a San Siro non potesse fare meglio di così. Allo stesso modo, il punto non è nemmeno limare i dettagli, le sbavature difensive. La Juve concede già pochissimo, l’errore è ammissibile così come l’exploit dell’avversario.

Mi sembra piuttosto che questa squadra abbia ancora troppe lacune tattiche per pensare di poter gestire le partite a proprio piacimento. Non a caso ci ha fatto vedere le cose migliori andando a tavoletta, provando a segnarne uno in più dell’avversario. La disciplina difensiva non sarà mai un problema alla Juventus; sapere cosa fare col pallone fra i piedi non deve diventarlo, soprattutto con gli strumenti a disposizione quest’anno.

 

Si ringrazia Lucio Pelliccioni per l’editing video.

Davide Rovati

 

Non ci piace dominare

Non ci piace dominare

Di Lazar Perović 

 

Da quando ho coscienza del gioco del calcio sogno di vedere una Juventus che incute terrore negli avversari di tutto il mondo. Una squadra con la filosofia offensiva per cui vittoria e gioco spettacolare vanno di pari passo. Non sono un fan di Zeman, non mi interessa fare spettacolo e perdere. Mi interessa dominare l’avversario, umiliarlo sotto ogni aspetto. Più volte mi sono chiesto cosa prova un tifoso del Barcellona, come vive le partite, come ragiona, cosa critica nel post partita.

Il nostro motto recita chiaro: “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Questa meravigliosa frase di Boniperti è un mantra entrato nel DNA della società Juventus. Allo stesso tempo, penso che rappresenti un limite. E’ una tesi che purtroppo ha avuto conferma dopo le parole di Chiellini e quelle di Buffon.

Sentire due senatori che sminuiscono la prestazione contro il Sassuolo e la indicano addirittura come esempio da non seguire mi ha completamente spiazzato. Per mezz’ora ho visto la Juventus più bella e dominante degli ultimi anni. Per un momento ho provato le stesse sensazioni che hanno i tifosi di quelle squadre abituate a vincere spazzando via l’avversario dal campo come un uragano che distrugge ogni cosa davanti a se.

Vedendo la campagna acquisti del mercato estivo conclusosi da poche settimane ho pensato che gli arrivi di giocatori ricchi di qualità in ogni reparto avrebbero portato la squadra ad evolvere dal punto di vista del gioco. Per farla breve, sono dell’idea che schierando gente del calibro di Bonucci, Dani Alves, Pjanic, Alex Sandro, Khedira, Dybala e Higuain si ha l’obbligo di dominare la partita indipendentemente dall’avversario. Te la puoi giocare alla pari contro le migliori 4-5 del mondo, ma contro le altre sei praticamente costretto a fare la partita e a imporre il tuo ritmo.

E invece no. Pare che alla Juventus si preferisca vincere 1-0 che 6-1. Non si possono subire tiri in porta, quindi si gioca per impedire agli avversari di farli, tanto poi un gol lo facciamo. Con la conseguenza che giochiamo piuttosto bassi, ci appoggiamo alla fase difensiva, attendiamo l’avversario.

Allegri resta uno dei migliori allenatori italiani e io rimango un allegriano convinto, se così si può dire. Penso che Max sia l’allenatore giusto, arrivato alla Juve nel momento storico ideale. Ci ha dato consapevolezza in ambito internazionale e a lui dobbiamo tanto. Non intendo scaricarlo per così poco. Non è un allenatore da calcio posizionale alla Guardiola, non è un maniaco come Conte, è un normalizzatore dai concetti semplici. Fino a quando porterà a casa le coppe avrà ragione lui. Da due anni ripete “datemi i giocatori di qualità e poi ci penso io a metterli in campo”, direi che la qualità abbonda e va messa in campo nelle migliori condizioni.