L’anno di Cristiano

Cristiano Ronaldo alla Juventus.

Un anno e un mese fa, questa frase poteva suonare soltanto come un’utopia, una presa in giro di quelle stucchevoli e poco divertenti, un titolo da testata giornalistica poco credibile, un desiderio da letterina a Babbo Natale. Oggi, a 365 giorni esatti dall’ufficialità, abbiamo le sue magliette nell’armadio, i suoi gol sul telefono, le sue foto sullo sfondo e sulle pareti delle nostre camere, siamo andati a vederlo segnare ed esultare per noi, possiamo uscire di casa e vantarci con gli altri del fatto che il calciatore più influente del millennio gioca per noi. Perché sì, Cristiano Ronaldo veste davvero la maglia della Juventus.

Tutto è cominciato con questo articolo di Luca Momblano, talmente lucido e dalla logica così inoppugnabile che faticavamo a crederci, con così tanti indizi che parevano figurare un puzzle sin troppo perfetto per essere alla nostra portata. Pur alla luce del calciomercato impazzito degli ultimi anni, da Higuain a Bonucci passando per Neymar, immaginare Cristiano Ronaldo alla Juventus era davvero troppo. Poi i rumors, le voci, i media tradizionali che non sanno che pesci pigliare, gli indizi, i dettagli più o meno fantasiosi, un’estate al cardiopalma vissuta sotto l’ombrellone sempre col telefono in mano, in attesa di una notizia.
In attesa di QUESTA notizia.

Di lì in avanti, l’asse di rotazione del mondo juventino è diventato il portoghese col 7, preludio a mesi e mesi di Cristianocentrismo, com’era ovvio e lecito aspettarsi. Se l’impatto mediatico dell’arrivo di Cristiano in Serie A è stato talmente potente che la sua onda d’urto è ancora percettibile a distanza di un anno intero, fa sorridere ripensare ai commenti arrivati in seguito all’esordio sportivo del’ex Real: Cristiano Ronaldo che non segna contro il Chievo all’esordio pur disputando una partita mostruosa, che manca l’appuntamento col gol anche con Lazio e Parma e ridesta l’antico e ormai vetusto mantra secondo il quale “giocare in Serie A è tutta un’altra cosa“, stretto parente di “segnare in Italia è più difficile che altrove“. Doppietta al Sassuolo, fine della storia.

Eh ma Cristiano Ronaldo è stato preso per vincere la Champions, lo Scudetto si vinceva comunque“, è l’altra fastidiosa litania che siamo costretti a sorbirci a ridosso dell’esordio europeo della Juventus. Valencia – Juve, prima giornata della fase a gironi, rosso a Cristiano dopo 29′ per carezza a Murillo. SBAM. Cristiano Ronaldo non è più protetto dalla Uefa come quando era al Real, Cristiano alla Juve non sarà decisivo in Europa com’era prima, Cristiano è venuto in Italia in vacanza, e così via.

Poi arrivano la prestazione monstre nello scontro diretto col Napoli (sì, ancora lo era) con 3 gol tutti partiti da lui, la spettacolare vittoria casalinga col Manchester United e soprattutto, due settimane dopo, arriva questo gol qui, evidentemente segnato da un giocatore in fase calante, venuto in Italia a svernare e per nulla decisivo in Europa:

La Juve si qualifica agli ottavi, Cristiano in Champions tira ancora il freno a mano, mentre in campionato sgancia ormai bombe a ripetizione nelle porte di un po’ tutta la Serie A (il gol all’Empoli va assolutamente rivisto), tanto che la domanda che iniziano a farsi i media, che da qualche parte dovranno pur aggrapparsi, diventa “La Juventus è troppo dipendente da Cristiano Ronaldo?”. Capito come cambia il mondo?

Anno solare 2019, Supercoppa Italiana Juventus – Milan: 1-0, gol di testa del 7. Nulla di particolare da registrare, ordinaria amministrazione per Cristiano e per la Juve. La Signora e il suo nuovo cavaliere attendono al varco l’Europa, manifestatasi sotto le scomode e spigolose vesti del Cholo Simeone e del suo Atletico Madrid, nel contempo la vittima preferita di Cristiano e l’avversaria più complicata per la Juve.

Tra i tifosi bianconeri però stavolta serpeggia ottimismo (nonostante la paura folle per l’infortunio di Ronaldo in nazionale), la paura delle grandi trasferte europee sembra essere sparita, c’è la consapevolezza che, con quell’uomo lì a guidarci, con qualcuno che ha vinto più coppe della Juve intera, il grande complesso possa sparire definitivamente. Si va al Wanda Metropolitano a testa alta, “a far le prove per la finale”, finalmente consci della nostra forza.
2-0 Atletico.

Seguono tre settimane di de profundis ed elegie funebri: Cristiano ha steccato alla prima gara davvero importante, neanche con lui vinciamo la coppa, è sbagliata la squadra che gli abbiamo costruito intorno, è sbagliato il progetto, è sbagliato tutto. A crederci, legittimamente vista la recente tradizione dell’Atletico in Champions, sono veramente in pochi. Quello che ci crede di più, al solito, è l’alieno lusitano, che chiama a raccolta allo Stadium amici e parenti: “Venite, sarà una grande partita“.

Arriva la gara di ritorno, il Messia stavolta ascende al cielo non una ma ben due volte, entrambe a impattare il pallone a stelline della Champions e depositarlo alle spalle di Oblak, poi si presenta sul dischetto più freddo di Mr. Freeze e dell’ammiraglio Aokiji e completa la rimonta. Cristiano Ronaldo batte Atletico Madrid 3-0, per settimane non faremo altro che ascoltare la voce di Repice che sibila “Rete! Ha segnato la Juventus! Ha segnato Cierresette!“. La Juventus va avanti, ora è davvero tutto possibile.

Il lieto fine però è cosa da fiabe, e così una Juventus piena di difetti e priva di un’identità sbatte ai quarti di finale contro lo sbarazzino Ajax di ten Hag, tanto incosciente quanto organizzato, che in 180′ non fa praticamente mai veder palla alla squadra di Allegri. Cristiano ci aveva provato anche stavolta a tener vivi i suoi, con una capocciata all’andata a una al ritorno, ma stavolta la squadra non è riuscita a seguirlo ed è scivolata fuori dalla Champions ai quarti, cosa che al portoghese non accadeva dal lontano 2010.

Lo Scudetto diventa una mera formalità (“non puoi non vincerlo se hai Ronaldo in rosa“), all’indomani della sconfitta con l’Ajax ci si interroga già sulla stagione a venire, sui reparti da rinforzare, sull’allenatore, soprattutto su come mettere Cristiano ancora più al centro della Juve, metterlo in condizione di battere a rete ancora più spesso, di segnare di più, di portarci finalmente ad alzare quella coppa, la quale innalzerebbe il portoghese sulla cima dell’Olimpo dei più grandi bianconeri di ogni tempo.

Bastano 365 giorni a cambiare un club ultracentenario? Basta un anno per diventare il punto di riferimento, l’uomo immagine e la guida tecnica di una delle squadre di calcio più importanti del mondo? Solo se ti chiami Cristiano Ronaldo.

L’era D.C. è appena iniziata.

Alex Carpanelli.