Le parole di Agnelli e lo juventino del futuro

Vision, innovazione, formazione e deformazione del gusto nel lungo intervento odierno di Andrea Agnelli all’incontro organizzato dal quotidiano Il Foglio svoltosi all’interno dello stadio San Siro.

La Juventus di Andrea Agnelli annovera anche queste categorie di pensiero. Il campo è il motore, i soldini sono il combustibile, per tutto il resto ci sono i grandi manager, gli ingegneri della finanza, gli uomini iniettati di passione aziendale.

Soltanto che, nel 2019, il calcio è ancora un’azienda per di più culturale: sei juventino e non puoi spiegare razionalmente il perché, sei diverso e non puoi pretendere di spiegare logicamente il perché, urli e piangi e con qualcuno saresti in imbarazzo a spiegare il perché.

Al culturale ci aggiungiamo quindi una grossa dose di psicologico, e non c’è nulla di più complicato che immaginare la psicologia sociale delle generazioni future. Magari sarà sempre così, con il calcio che non cambia e gli umani che non cambiano. O cambiano entrambi poco e di pari passo. Agnelli però ci dice (da tempo) che non sarà esattamente così. Ci dice che stiamo cambiando velocemente, al punto da dover accettare rotture con la tradizione; che neppure tanto in fondo non sta guidando la Juventus secondo modelli precedenti o già esistenti.

Insomma, ci sta dimostrando con i fatti che la Juve sta cambiando. Inutile qui stilare la lista di ciò che in questo senso è stato già fatto, ci tocca immaginare. È una nuova lezione per chi vive la propria squadra del cuore sul presente, ed è forse la grande lezione (più che ogni tipo di nazione) che lo stesso presidente-manager Agnelli sta cercando di dettare alle nuove leve interne alla società, inclusi Nedved e Paratici, inclusi Ricci e Re, incluso il selettivo reclutamento per accedere a una posizione lavorativa interna al club.

Chi scrive può soltanto immaginare in minima parte, seguire la Juventus non significa toccare con mano la Juventus. Chi scrive può solo immaginare attraverso gli occhi e i pensieri dei propri figli, qualcun altro attraverso i nipoti, e allora vale tutto. Ho visto bimbi e ragazzi vestire la maglia di Morata, e chiedersi due anni fa dove giocasse Morata, e un anno fa doverglielo rispiegare, e poi trovarselo da avversario nella notte in cui non c’è spazio per gli amici, e da tempo quella maglia per loro non esiste più.

Tutto è veloce, anche Ronaldo sarà veloce, se sarà vero che seguiremo gli uomini almeno quanto la squadra il calcio sarà basato sulle non-relazioni, sul tradimento nostro e loro, dei tifosi e dei calciatori, come regola e non come malinconica o rabbiosa eccezione. Non sappiamo se ogni gol i nostri figli e nostri nipoti lo potranno vedere in un istante, ovunque si trovino, qualunque cosa stiano facendo, e se di quel gol esulteranno perché siglato da Enrique Terni o dalla Juventus.

Ad Agnelli quindi il compito più ingrato e difficile, ma anche il più gratificante: portare e mantenere la Juventus dentro uno status, anticipando o intercettando le nuove regole del gioco. Immaginando, sbagliamo quasi sempre. Ma non sbagliamo quando pensiamo che lo juventino del futuro sarà ancora un Agnelli o con un Agnelli a spiegare come si fa e perché.

E anche allora saremo diversi, tra i pochi ad avere una lunga storia da raccontare o da farsi raccontare, forse gli unici ad averla così coerente in testa.

Luca Momblano.