Real Madrid-Juve 1-3, bianconeri enormi

La squadra di Allegri esce dalla Champions tra gli applausi, dopo aver sfiorato un’impresa titanica

Tutti in piedi per la Juve

I bianconeri a Madrid vengono eliminati solo da un rigore a 30 secondi dai supplementari, dopo che erano riusciti a portarsi sullo 0-3. Meritano solo un’enorme ovazione

Nessuno potrà più permettersi di dire che il Real è superiore alla Juventus. Nessuno. Perché se per qualificarsi alle semifinali deve trovare all’andata un gol da cineteca di Ronaldo, nato per altro da uno svarione, e al ritorno deve ringraziare il fischietto del signor Oliver che concede un rigore a meno di trenta secondi dai supplementari, beh, superiore proprio non è. Di sicuro non nel carattere, perché solo la Juve, solo questa Juve poteva venire al Bernabeu e ribaltare il 3-0 dell’andata, arrivando a un soffio da un’impresa storica. Non ci è riuscita, ma gli applausi di chiunque ami il calcio, così come a Torino erano stati per Ronaldo, oggi sono solo per gli straordinari ragazzi di Allegri.

SUBITO MANDZUKIC

Se il Real a Torino era passato in vantaggio dopo tre minuti, la Juve ce ne mette uno in meno: Douglas Costa vince un contrasto con Casemiro, punta l’area e allarga per Khedira, che trova, con un delizioso pallonetto, Mandzukic liberissimo sul secondo palo e il croato incorna sotto la traversa.

BOTTA E RISPOSTA

Douglas Costa crea problemi seri alla retroguardia spagnola anche al 7′, quando arriva al cross rasoterra e, dopo la respinta affannata della difesa, Higuain calcia, ma Navas in uscita chiude lo specchio della porta. Il Real quando attacca è come sempre pericolosissimo e Bale, dopo aver chiuso un triangolo con Isco, ed essersi visto respingere la conclusione da Buffon, si ritrova spalle alla porta e di tacco colpisce l’esterno della rete. Una fiammata di Cristiano Ronaldo costringe Buffon ad un altro intervento che Isco corregge in rete, ma partendo da posizione irregolare.
La Juve risponde ai due rischi corsi ancora con Mandzukic, che si ritrova sui piedi l’angolo di Pjanic spizzato da Khedira e non riesce ad angolare, permettendo la facile presa di Navas.

ENORME BUFFON

Al 17′ Allegri ricorre al primo cambio, inserendo Lichtsteiner al posto di De Sciglio e i bianconeri continuano a fare la partita, con una difesa attenta e un pressing aggressivo, che costringe più volte il Real a rinculare e a far ripartire la manovra dalla propria area. Quando i blancos riescono a verticalizzare però arrivano quasi sempre al tiro: Khedira ribatte per due volte i tentativi di Kroos, quindi Isco cerca una conclusione a giro e sfiora la traversa. Il fantasista spagnolo vine poi liberato in area da Cristiano Ronaldo e si trova a tu per tu con Buffon, che pur preso in contro tempo, riesce a evitare quello che sembra davvero un gol già fatto.

ANCORA MARIO

Tempo di riorganizzarsi e la Juve colpisce ancora: Lichtsteiner arriva al cross dalla destra e anche questa volta c’è Mario Mandzukic appostato sul secondo palo. La conclusione è più difficile, perché questa volta c’è Carvajal a marcarlo, ma lo stacco del croato è imperioso e il pallone si infila tra palo e portiere. Nel finale di tempo il Real ha un sussulto di orgoglio e centra la traversa con il colpo di testa di Ronaldo, ma quando arriva il doppio fischio di Oliver, si va al riposo con la Juve in vantaggio di due gol.

MATUDI IMPATTA

Zidane inizia la ripresa con un doppio cambio, Lucas Vasquez e Asensio al posto di Bale e Casemiro, e con un atteggiamento ben diverso. Ora il Real attacca a testa bassa e anche se inevitabilmente perde qualcosa in fase di interdizione, evita il problema andando a pressare altissimo per impedire alla Juve di ripartire. Non sempre ci riesce e se Ronaldo arriva al tiro di prima intenzione dal limite, ma calcia centralmente e Buffon blocca a terra, è appena più angolata, dalla parte opposta, la conclusione di Higuain che Navas riesce a ribattere. Il portiere madridista però commette un errore clamoroso al 16′, quando esce per bloccare il traversone di Douglas Costa e si fa sfuggire il pallone, permettendo a Matuidi di spedire in rete a porta vuota.

LA BEFFA

A questo punto il punteggio tra andata e ritorno è in perfetta parità e un gol, da una parte o dall’altra, vorrebbe dire qualificazione. Il Real lo sfiora con Isco, il cui tiro sporcato vine messo in angolo da uno strepitoso riflesso di Buffon, con Varane, che si bene gira in area e calcia a lato e con Ronaldo, che alza troppo di testa da ottima posizione. La partita sembra destinata ai supplementari, ma a trenta secondi dalla fine arriva la più atroce delle beffe. Una sponda di Ronaldo serve in area, che secondo il signor Oliver viene contrastato irregolarmente da Benatia. È rigore e Buffon, che ha visto meglio di chiunque altro l’intervento, protesta troppo e viene espulso. Szczesny entra per Higuain solo per la battuta del rigore, che Ronaldo trasforma, mandando i suoi in semifinale. Uscire a testa altissima è una magra consolazione. La Juve avrebbe meritato molto di più. E nessuno mai più si permetta di dire che il Real le è superiore.

REAL MADRID-JUVENTUS 1-3

RETI: Mandzukic 2′ pt e 37′ pt, Matuidi 16′ st, Ronaldo (rig) 52′ st

REAL MADRID
Navas; Carvajal, Varane, Vallejo, Marcelo; Kroos, Casemiro, Modric (30′ st Kovacic); Isco; Ronaldo, Bale
A disposizione: Casilla, Marcos Llorente, Theo Hernandez, Asensio, Lucas Vazquez, Benzema
Allenatore: Zidane

JUVENTUS
Buffon; (17′ pt Lichtsteiner), Benatia, Chiellini, Alex Sandro; Khedira, Pjanic, Matuidi, Douglas Costa, Higuain (49′ st Szczesny), Mandzukic
A disposizione: Rugani, Asamoah, Sturaro, Marchisio, Cuadrado
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Oliver (ENG)
ASSISTENTI: Burt (ENG), Bennet (ENG)
QUARTO UFFICIALE: Betts (ENG)
ARBITRI D’AREA: Atkinson (ENG), Marriner (ENG)

AMMONITI: 17′ pt Pjanic, 22′ pt Carvajal, 29′ pt Mandzukic, 36′ pt Lichtsteiner, 22′ st Alex Sandro, 28′ st Douglas Costa, 36′ st Marcelo, 45′ st Benatia, 54′ Ronaldo

ESPULSI: 48′ st Buffon

Real Madrid-Juve 1-3: quel braccio teso fa male

Parti e segni, gestisci e trovi il raddoppio, rientri in campo e ti ritrovi la terza rete. Gestisci, soffri, provi timidamente, la fortuna sembra sorriderti. Poi, all’ultimo respiro, vedi quel braccio teso che indica il dischetto, fai fatica a crederci, e ti appare davanti agli occhi Gianluigi Buffon. Gianluigi Buffon. Gianluigi Buffon! Perché se Gianluigi Buffon reagisce in quel modo può significare davvero tutto. Il momento “polemica”, se di polemica si può parlare, però finisce qui: grazie Juve, grazie ragazzi, siete stati uno spettacolo. Il Bernabeu che trema è opera di tutti gli undici scesi in campo, il terrore negli occhi dei calciatori del Real Madrid è merito vostro, Ronaldo che saltella e sbraita anziché giocare a quel gioco al quale gioca meglio di praticamente tutto il resto del mondo è merito di questa prestazione.

Undici scesi in campo, non uno di più, perché mister Allegri ha deciso di tenere questi undici mostri (De Sciglio e Lichtsteiner è come fossero stati una sola cosa), i cambi li aveva evidentemente riservati per i supplementari, a maggior ragione per come si erano messe le cose. Si poteva fare qualcosa di diverso? A bocce ferme, col senno di poi, siamo tutti fenomeni: Massimiliano Allegri non è un allenatore spettacolare, non è un allenatore geniale, non è un allenatore che fa giocare la squadra bevendo champagne. E’ “semplicemente” l’allenatore che ha vinto gli ultimi tre scudetti e le ultime tre Coppe Italia, l’allenatore che guida oggi la squadra in vetta in Serie A ed in finale ancora nella coppa di lega, l’allenatore della squadra che ha fatto tremare il Bayern Monaco di Guardiola, che si è fermata due volte in finale contro Messi prima e Ronaldo dopo, e che oggi va fuori come si è andati fuori.

Se quanto successo sarà benzina per il finale di stagione o colpo mortale per le ambizioni della Vecchia Signora lo scopriremo prossimamente: il cammino è tutt’altro che semplice, gli altri non molleranno un centimetro, una finale è sempre una finale. Quest’anno la Juve di Allegri ne giocherà soltanto una, quest’anno la Juve è chiamata a fare un ulteriore passo verso un qualcosa che mai nessuno sarà capace di fare, anche solo imitare.

Fabio Giambò

A un piede dalla partita perfetta

Una vittoria per 3-0 (con supplementari) o 4-1 avrebbe sicuramente consegnato ai titolisti dei principali quotidiani sportivi, italiani e non, l’apertura ideale: La Partita Perfetta. Il fatto che a dieci secondi dalla fine sia stato fischiato il rigore della discordia ha sicuramente contribuito ad attutire il messaggio. Rigore che comunque arriva in seguito ad una inusuale catena di errori: Chiellini si attacca forse troppo prematuramente a Kovacic senza un motivo apparentemente plausibile, lasciando un pericoloso spazio alle sue spalle; Alex Sandro non è tra i due-tre esseri umani al mondo capaci di contrastare una palla aerea a CR7, Benatia è costretto a chiudere frettolosamente e rusticamente su un Vazquez che sta solo pensando a come non sbagliarlo.

La storia è già marchiata, la sofferenza degli juventini anche. Tuttavia, per quanto sia vero che la gestione dell’emotività è una componente fondamentale in ogni partita, e la Juve in questo ha sempre rasentato l’eccellenza, è sempre lecito lanciarsi in elucubrazioni di carattere tecnico per poter misurare anche col tangibile l’effettiva prestazione di squadra e singoli. E la partita giocata al Bernabeu, pur essendo stata ampiamente tra le migliori prove stagionali di questa Juve ed in generale tra le più positive del ciclo Allegri, più che perfetta è stata perfettibile.

In generale, la Juventus non ha dato la sensazione di poter essere in controllo del match al 100%, ed è una contingenza da mettere in conto al Bernabeu -ci mancherebbe-, però se da una parte si è dimostrata impeccabile nell’identificazione di alcuni punti deboli evidenti nella struttura del Madrid, dall’altra è probabilmente mancato il quid finale per chiudere definitivamente la gara ben prima del discusso episodio.

In particolare, ottime le letture sullo spazio alle spalle dei terzini blancos (dietro Marcelo, Khedira prima e Lichtsteiner poi riescono ad azzeccare due grandissimi assist), dell’evidente mismatch Mandzukic-Carvajal sui medesimi cross provenienti da destra, la giusta libertà concessa a Douglas nella zona nevralgica, con repentini movimenti ora sulla fascia ora su tracce interne che hanno determinato uscite in marcatura difficili per la linea di Zidane.

Le migliori azioni della Juve sono arrivate in situazioni di possesso consolidato, con la difesa del Real già disposta sulle sue due linee da 4, ed il controllo difensivo in questi frangenti è stato più agevole: i padroni di casa non sono mai riusciti a pungere in maniera convincente attaccando le transizioni offensive. Piuttosto, i pericoli degni di nota sono arrivati in situazioni di difesa posizionale della Juventus, soprattutto dopo la riconquista del possesso: sono stati diversi i contropiede abortiti per l’inadeguatezza di movimenti e di esecuzioni tecniche per risalire il campo, portando la Juve a perdere il pallone sulla propria trequarti ed in situazioni di grande densità numerica avversaria.

Per questa ragione, Zidane ha optato per l’inserimento di Vazquez ed Asensio: sfruttare meglio gli attacchi in campo aperto, e soprattutto ricercare con più costanza e qualità il famigerato cross arretrato a rimorchio, che tanti guai ha fatto tra Cardiff e l’andata. La contromossa della Juve è sensata: neutralizzare le transizioni offensive del Real non concedendogliele. Abbassando ulteriormente il baricentro, per cercare di pungerli alla stessa maniera e costringerli ad attaccare a difesa schierata.

Il problema, all’atto pratico, è arrivato dal giustificatissimo calo fisiologico di alcuni tra gli interpreti più convincenti della prima frazione, in particolare Mandzukic e Khedira (tant’è che Sturaro era in procinto di subentrare). Tuttavia, lo spauracchio dei calci piazzati ed in generale la fisicità della gara, o il timore di dover toccare il giocattolo che funziona (memore di Monaco di Baviera, a suo dire) ha forse bloccato Allegri nell’apportare dei cambi che potessero consentire alla Juve sia di difendere basso che di poter attaccare in maniera più convincente sulle ripartenze (si pensa a Cuadrado, principalmente).

Si tratta senza dubbio di una lettura marginale, nell’ambito di una gara ben giocata e sicuramente vinta con ampio merito, su un Real che non ha convinto a pieno (così all’andata), che però certifica sia la difficoltà della sfida che alcune logiche dietro i ragionamenti tattici di Allegri e staff.

Nel calcio bisogna essere abili a cogliere determinati segnali prima che sia troppo tardi, ed è propria di ogni grande gruppo manageriale l’abilità di apportare cambiamenti anche discutibili cercando di fare l’interesse futuro. Real Madrid – Juventus è stata una partita più che degna, ha parzialmente riscattato l’impotenza del secondo tempo di Cardiff, ha dato risposte convincenti sotto il punto di vista attitudinale. Però è anche un sipario che cala su alcuni dei protagonisti più importanti di questo ciclo e della storia della Juventus, dai giocatori a (forse) l’allenatore. Bisognerà essere abili nel capire se si è trattato di un orgoglioso canto del cigno o se di un’affermazione di valori ancora una volta futuribili e riutilizzabili.

Il dubbio, ad oggi, è più che lecito. Nonostante i meritatissimi complimenti.

Dario Pergolizzi.

Champions League, ritorno quarti di finale: Real Madrid-Juventus 1-3

di Andrea Lapegna


Solo un episodio all’ultimo respiro toglie alla Juventus la gioia di una rimonta tanto insperata quanto meritata.


Nessuno, nella storia della coppa dalle grandi orecchie, è mai riuscito a recuperare uno svantaggio di tre reti maturato nella partita d’andata tra le mura amiche. L’epica di queste rimonte nella moderna Champions League è circoscritta a tre soli eventi, tutti verificatisi con il ritorno in casa. La Coruña, Barcellona, Roma l’altro ieri. Nessuno è mai riuscito a farlo in trasferta, nessuno si è mai nemmeno sognato di provarci al Santiago Bernabéu. L’impresa alla quale era chiamata la Juventus era troppo, troppo difficile. Al netto di rinnovate e usuranti speranze, ringalluzzite dall’impresa straordinaria della compagine di Di Francesco, la narrativa del pre-partita della Juventus si è condensata attorno all’atteggiamento che la squadra avrebbe dovuto adottare. Se la Roma è sembrata volare sulle ali di un pressing asfissiante sull’uscita avversaria, molti avrebbero voluto una Juve altrettanto arrembante anche nella sua particolarissima remuntada, con i big tutti dentro dall’inizio.

Ma Allegri, si sa, non farà mai a meno di un jolly nella manica da calare a partita in corso. Rispetto alla tragedia dell’Allianz Stadium, il tecnico livornese ritrova Pjanić e Benatia, ma perde Dybala e Bentancur per squalifica. Allegri sceglie allora un 4-3-3 con: Buffon; De Sciglio, Benatia, Chiellini, Alex Sandro; Khedira, Pjanić, Matuidi; D. Costa, Higuaín, Mandžukić. Cuadrado entrerà (leggasi sarebbe dovuto entrare) a partita in corso. Anche Zidane deve fare a meno di un giocatore chiae: Ramos è squalificato, e la sua assenza sarà durissima da coprire per la difesa del Real. Il 4-3-2-1 del francese si declina: Navas; Carvajal, Varane, Vallejo, Marcelo; Modrić, Casemiro, Kroos; Isco; Bale, Cristiano.

Sulla scia delle positività mostrate all’andata, Allegri ha impostato la partita cercando di risalire il terreno di gioco grazie al lavoro coordinato degli uomini di fascia. Spingendo a destra, la Juve sperava di allargare le maglie della difesa avversaria e sfruttare lo spazio dietro Marcelo, sempre generoso nelle sortite offensive ma non nell’attenzione alle spalle. Il ruolo di Douglas Costa, fondamentale sia nelle sponde che nelle girate dentro il campo, ha permesso alla squadra di arrivare con relativa facilità nell’ultimo terzo di campo, specialmente sfruttando la sovrapposizione di De Sciglio. Confidando sul collasso di uomini sul lato palla, l’azione doveva trovare sfogo sul lato opposto, dove i tagli interni di Mandžukić e l’ampiezza garantita da Alex Sandro avrebbero messo in inferiorità numerica il Real a ridosso della propria porta. Proprio da questo tipo di configurazione è nato il gol subitaneo di Mandžukić – in seguito ad una palla rubata da Costa – ma anche 2 o 3 occasioni immediatamente successive che hanno permesso al croato di far valere la differenza di stazza con Carvajal.

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Senza la pretesa di comandare il pallone per tutta la gara, la Juventus gestiva le fasi di non possesso in maniera diversa a seconda dell’altezza della palla. Con la sfera dalle parti di Navas, la Juve non lesinava fasi di pressing aggressive, con forte orientamento all’uomo. Se invece il Real riusciva a consolidare il possesso grazie al palleggio, si sedeva profonda a difendere gli ultimi 30 metri. Ad ogni modo, i tempi della pressione facevano talvolta difetto, mostrando così il fianco a più d’una ripartenza. In questo tipo di frangenti, la Juventus si è mostrata particolarmente vulnerabile ad azioni “rugbistiche” che il Real portava avanti velocemente grazie ai rimorchi: percussione in verticale con la palla e passaggio sulla corsa del compagno. La prima mezz’ora di gara è stata così giocata da due squadre molto lunghe sul campo: una per necessità (la Juve), un’altra per contingenza (il Real). La strategia della Juventus ha cercato di saltare a pie’ pari il suo reparto più vulnerabile, e tagliar fuori al contempo il migliore degli avversari: il centrocampo.

Due uomini aggiungevano pepe a questo canovaccio. Douglas Costa per la Juve è stato fondamentale nel far progredire la manovra a destra grazie alle associazioni con De Sciglio – finché è rimasto in campo – e Khedira. Ma al tempo stesso ha dato imprevedibilità con i suoi anarchici (in senso buono, se mai ce ne fosse uno) strappi palla al piede. Dall’altro lato del terreno di gioco, Isco regalava alla sua squadra una tranquilla distonia; galleggiando tra le linee, ora a sinistra ora a destra, scendendo dietro Casemiro o affiancando Ronaldo in attacco, l’andaluso è stato ancora una volta impossibile da leggere per la difesa della Juve.

Nelle fasi successive della partita, i ritmi si sono fisiologicamente abbassati su frequenze più umane, e questo ha inevitabilmente favorito la tecnica superiore del Madrid. La difesa dello spazio della Juve si sostanziava in un 4-5-1 dinamico e asimmetrico, in cui la mezzala bianconera andava a prendere il portatore sul proprio lato. Le situazioni offensive si sono invece cristallizzate in poche sortite palla al piede, peraltro pressoché solo in transizione. Tuttavia, contro il contesto, la Juventus non ha rinunciato ad applicare il proprio copione, anche in situazioni di apparente dispnea. Dalla stessa identica progressione sulla destra ha avuto origine il cross di Lichtsteiner. Dalla stessa identica posizione di superiorità fisica (il tanto abusato termine “mismatch”) di Mandžukić su Carvajal, il colpo di testa dello 0-2.

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Il problema del primo tempo bianconero è stato che, a dispetto del risultato e della bontà della strategia messa in atto, la squadra ha comunque subito più di un brutto contropiede. Il Real è rimasto vivo, ha attaccato e tirato, e lo ha fatto proprio quando la Juventus abbassava ritmo del pressing e baricentro, lasciando che l’inerzia scorra dove vuole l’avversario. Ma in partite come queste basta il battito d’ali di una farfalla o la giocata di un fuoriclasse per indirizzarla; nella fattispecie, solo Buffon e la traversa hanno salvato la porta bianconera nella prima frazione.

Provando a capitalizzare precisamente sulle incertezze in transizione difensiva, Zidane ha inserito immediatamente Asensio e Vasquez, giocatori rapidi e capaci meglio di Casemiro e di un poco ispirato Bale di condurre in porto una ripartenza. Per un capriccio del fato beffardo, a differenza della prima frazione i problemi della Juve sono arrivati maggiormente quando il Real abbassava i ritmi e al contempo il baricentro degli ospiti: un compito senz’altro più agevole con i cambi effettuati da Zidane che oltre a saper condurre una ripartenza, sanno anche far girare il pallone. Nel secondo tempo la Juventus ha sofferto soprattutto il palleggio ragionato del Real, non essendo più capace di attaccare allungandosi. Per questo, il primo quarto d’ora della ripresa è stato passato nei propri 50 metri: e, incapace di reagire alla pressione portata dal palleggio del Real, la fase di difesa posizionale della Juve ha cominciato a dare segnali di cedimento.  E ciononostante, in una stoica perseveranza e fiducia nel piano iniziale, e in una delle poche volte che la Juve è riuscita a mettere il naso fuori dalla propria metà campo, è nato il terzo gol della Juve. Dall’ennesimo traversone dalla destra, complice un Navas amatoriale in versione parrocchia.

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Paradossalmente, dopo il terzo gol, la partita si è congelata ed entrambe le squadre sono rimaste bloccate. La Juventus, per aver dato fondo alle energie nervose e a gran parte di quelle fisiche; il Real, per aver improvvisamente realizzato di non essere più al caldo della coperta confezionata all’andata e aver visto materializzarsi i fantasmi vestiti di giallo del fracaso. Le due squadre davano così vita ad un finale bizarro, con il Real incapace di dare un senso al proprio possesso palla, e la Juventus senza idee su come rompere il palleggio avversario o come uscire con il pallone. Forse un appunto tattico che si poteva fare alla Juve, è di non aver saputo adattare la propria strategia su quella del Real cangiante del secondo tempo: senza Casemiro e la sua fisicità, forse di poteva tentare di passare per il centro con Costa? Ma dopotutto, la strategia di Allegri è stata formidabile nel tenere la Juventus aggrappata al filo della speranza per oltre 90 minuti, e certamente si sarebbe arricchita della freccia Cuadrado nei tempi supplementari.

L’analisi della partita finisce qui. Si potrebbe argomentare sull’uscita avventata di Chiellini, su Alex Sandro che non tiene Ronaldo sul secondo palo (chi potrebbe?), o su Benatia che lascia mezzo metro di troppo a Vasquez. Ma quello che è successo nel recupero è talmente emotivo da non essere materiale da analisi, casomai da moviola, e io non ho né le competenze né la lucidità per discuterne.

Un’analisi dei 180’ non può però prescindere da quanto di positivo si è visto, sia a Torino che a Madrid. Nel contesto della doppia sfida, entrambi i risultati sono probabilmente bugiardi rispetto a quanto emesso dal campo: all’andata la Juve avrebbe meritato di più, al ritorno il Real ha creato più di quanto non dica il risultato rocambolesco (ed è un ottimo reminder che le prestazioni singole vanno analizzate al di là dello score). Piuttosto, quello che dobbiamo portare a casa è la consapevolezza di non aver meritato l’eliminazione. Rimane quindi opportuno sottolineare le prove maiuscole di Chiellini e Buffon, non irreprensibili all’andata, forse per la troppa pressione psicologica; ma anche Pjanić, ripresosi il centrocampo, e Costa, unico. La qualità migliore della Juventus è stata probabilmente aver minato le certezze psicologiche della squadra più solida al mondo: l’aver gestito meglio i momenti dell’incontro rispetto a chi ci ha insegnato come farlo. Alla luce di questo, ma anche dei meccanismi tattici portati in campo, della paura instillata ai campioni in carica, e dell’emotività immensa del quarto di finale, la Juventus ha il dovere di tornare a Torino orgogliosa della propria prestazione e di voltare pagina il prima possibile per riversare la rabbia agonistica sul campionato.