Wojciech Szczesny oggi: qualità assoluta e un piccolo difetto

In settimana mister Allegri l’ha confermato: Wojciech Szczesny è l’erede di Buffon. E in queste settimane in cui il numero 1 è ai box per infortunio, il numero 23 bianconero ha dato prova di grande affidabilità, con un paio di prestazioni sopra le righe. Con lui, e grazie anche al suo contributo, la Juventus ha ritrovato sicurezza, ha smesso di prendere gol e ha inanellato un filotto di risultati che la proiettano a un punto dal vertice della classifica. Wojciech Szczesny, polacco, 27 anni, è un portiere molto moderno: alto, forte con i piedi, molto essenziale e poco spettacolare.

I (molti) pregi

La grande virtù di questo portiere altro un metro e novantasei è l’eccezionale velocità di abbassamento. A osservare Szczesny al rallenty si può evidenziare che la sua velocità ad andare a terra non dipende dal fatto che anticipi la scelta: in altre parole resta in piedi fino al momento del tiro per poi andare giù con tempi di reazione impressionanti. Alla Juventus, prima della partita di Cagliari e del doppio intervento su Pavoletti e Farias, ancora non aveva avuto grandi occasioni di mostrare questo fondamentale. Ma i bianconeri se lo ricordano bene, quando il 17 dicembre 2016, allo Stadium, il portiere polacco tolse dall’angolino un incredibile pallone tirato da Sturaro da 10 metri.

L’altra, ben più evidente, virtù è la straordinaria qualità con i piedi: tra la sicurezza negli stop e la precisione nei lanci, Szczesny non solo ci ha deliziato di qualche dribbling, ma usa regolarmente il piede anche per lanci di media gittata, tra le linee, i più rischiosi, e non ha alcun problema a ricevere il pallone dai compagni anche all’interno dello specchio della porta (di solito, per evitare incidenti, il difensore ha il compito di fare il retropassaggio sul piede forte del portiere e un po’ fuori dallo specchio).

Tra le altre cose che spiccano di questo portiere, la grande tranquillità, una notevole capacità di lancio – profondo e preciso – con le mani e anche una posizione molto moderna sui calci di punizione, piuttosto centrale e non schiacciata sul secondo palo.

Il difettino

Per l’età che ha, neanche 28 anni, Szczesny è già piuttosto timido sulle prese alte. «Ah, finalmente un portiere che esce», si sente dire da molti che lo confrontano a Buffon. È un errore, perché è vero che il nostro numero 1 ormai è abbastanza piantato sulla linea, ma è altrettanto vero che non si possono – sotto questo fondamentale – paragonare giocatori con 12 anni di differenza.

E qui serve una breve digressione storica. Perché la vulgata secondo cui Buffon sarebbe sempre stato un portiere poco incline alle prese alte è, perdonate il francesismo, una cazzata di dimensioni oceaniche. Buffon è stato uno dei più grandi portieri di sempre sulle uscite alte.

Negli anni ’80, la Nazionale Italiana giocava con in porta Walter Zenga: fenomenale tra i pali, tremendo sulle uscite (quella su Caniggia non fu un incidente casuale). Stefano Tacconi, il suo rivale, era quello invece ritenuto unanimemente bravo sulle prese alte. Lo chiamarono Capitan Fracassa sia per il suo carattere, sia per le sportellate date sulle uscite. Qualche anno dopo, in una partita di Coppa Italia, l’esordiente Angelo Peruzzi veniva acclamato in diretta da Mike Bongiorno con un «ma quanto è bravo questo portierino sulle uscite», perché Tacconi, ormai piantato sulla linea, era percepito come uno che non si era mai scollato dalla linea di porta. Lo stesso Peruzzi, oggi, viene ricordato come inchiodato alla linea. Lo stesso vale per Buffon. La verità è che le uscite in presa alta sono il primo segno dell’età, e anche se puoi restare a lungo, come Buffon, un portiere di primissimo livello, quel fondamentale inevitabilmente finisci per perderlo. Un genio delle uscite come Rinat Dasaev a fine carriera sembrava diventato un cassettone. E, statene certi, anche lo specialista Manuel Neuer quando avrà qualche autunno in più non sarà brillante quanto oggi.

Tutto questo per evidenziare un problemino di Wojciech Szczesny: è troppo giovane per uscire già così poco. La sua essenzialità, la sua serenità sono una virtù, perché danno fiducia ai compagni. Ma in area c’è bisogno di un padrone. Che si faccia sentire, anche con un po’ di sana brutalità.

Giulio Gori

Sull’uso di Bernardeschi (complice l’infortunio di Dybala)

Bernardeschi

Tra le polemiche sulle decisioni arbitrali di Calvarese e l’apparente complicità del VAR Banti di Livorno, si è perso di vista il vero momento clou della trasferta sarda: la rete di Federico Bernardeschi. Quello di cui vogliamo discutere in questo articolo però, non riguarda prettamente la segnatura del giovane toscano, quanto quegli indizi che il numero 33 ha lasciato per strada nel travagliato incontro di Cagliari.

Federico era alla sua 4a da titolare in Serie A con i bianconeri, arrivata dopo un mese e mezzo dall’ultima apparizione fra gli undici di partenza. Nelle tre apparizioni precedenti, il bilancio raccolto dalla squadra di Allegri con Federico titolare era stato tutt’altro che esaltante: il pareggio di Bergamo, la vittoria con la Spal, la sconfitta di Genova con la Sampdoria. Insomma, 4 punti sui 9 disponibili, che con quelli di ieri sono diventati 7 su 12. La sensazione è, dunque, quella che Allegri abbia considerato finora Bernardeschi più che altro una risorsa spendibile a partita in corso. Ma, complice l’infortunio di Dybala, il tecnico livornese dovrà per forza di cose ripensare alla rivalutazione del suo talento classe ’94, l’unico calciatore in rosa che per caratteristiche può agire centralmente a rimorchio della prima punta. Sebbene il mister sembri indirizzato ormai a non volersi più esporre alle sortite offensive degli avversarsi usufruendo di una solida mediana a 3 centrali, la manifesta mancanza di esterni puri (sono due, Douglas Costa e Cuadrado) potrebbe indirizzare Max a testare nel suo metamorfico 4-3-3/4-4-1-1 Bernardeschi nel ruolo ricoperto nella trasferta sarda da Paulo Dybala. L’argentino si è infatti disimpegnato alle spalle di Higuain, liberando la fascia sinistra a Matuidi e Alex Sandro, dimostrando come, più che con tre terminali offensivi puri (due esterni e una punta), l’idea di Allegri fosse quella di un 4-4-1-1 con il francese ex PSG a tutto campo a supporto dell’esterno brasiliano.

Allegri ha già ponderato al possibile impiego in quel ruolo di Bernardeschi, spostandolo a gara in corso in quella posizione dopo il forfait della Joya. Una mossa rivelatasi decisiva e onestamente indicativa: Federico non ha dimostrato di avere la gamba sui 90 minuti per agire come esterno alto puro, nè di poter contare su quelle doti di dribblatore che invece altri come Douglas Costa e Cuadrado possiedono come caratteristica primaria. Non un equivoco tattico, il toscano può comunque per tutta un’altra serie di motivi disimpegnarsi in quel ruolo. Eppure, come dimostrato in tutte le sue apparizioni da titolare e non, è quando trova spazio per vie centrali che riesce a esprimere meglio le sue qualità. Ricordate il goal contro la Spal? E quello con l’Atalanta? Il primo è un sinistro al volo da una posizione accentrata, il secondo figlio di un sapiente inserimento in area di rigore avversario. Quello di Cagliari, poi, è l’altro esempio emblematico delle doti da incursore senza palla di Federico, che agendo sull’ala vengono per forza di cose diminuite, limitandone il potenziale. Senza dimenticare poi un’altra sua rilevante peculiarità, il tiro da fuori. Bernardeschi è dotato di un’integra struttura fisica e di un sinistro esplosivo che lo rendono pericoloso ogni qualvolta si avvicini alla lunetta avversaria.

Dove e come poter inserire, dunque, Federico nel contesto tattico di marca Allegriana?

1- La prima idea è quella di ripensarlo in un ruolo più accentrato alle spalle di una punta di ruolo, dove poter sfruttare le sue buoni doti da rifinitore, le sue ottime capacità di inserimento/movimento senza palla e il suo tiro al fulmicotone. Insomma, in un ruolo dove diventerebbe sia rifinitore che predatore dell’area di rigore, dove ha dimostrato anche di poter far pesare le sue abilità di finalizzazione.

2- Come esterno, ma solo come rincalzo. Sull’ala destra Cuadrado e Costa sono attualmente di un’altra categoria.

3- In un 4-3-3, come mezz’ala offensiva. Allegri lo aveva già detto: “in alcune partite può fare anche la mezz’ala”. Una suggestione tutta da valutare considerando una fase difensiva ancora molto acerba. Sull’utilizzo di Bernardeschi come centrocampista vi sono due correnti di pensiero. La prima lo vede tatticamente impreparato e poco funzionale nella conduzione di palla e nella transizione a 50 metri dalla porta. La seconda lo valuta un interessante punto di domanda in prospettiva. Il fisico e la buona gamba ci sono, la tecnica pure. Mancano per ora acume tattico e un maggiore approccio difensivo.

Al mister l’ardua e impellente sentenza.

Gianluca Cherubini