#6lajuve perché a San Siro non si fanno calcoli

JACOPO AZZOLINI (J): Caro Dario, pare che questo sarà un campionato che si giocherà al fotofinish, una cosa che personalmente ritenevo assai improbabile arrivati a un certo punto. Se è vero che la squadra in questa stagione ha manifestato problemi strutturali evidenti culminati nella sconfitta col Napoli (i pochissimi palloni toccati dai 3 davanti evidenziano bene la nostra incapacità nel superare chi pressa bene, in estate bisognerà ragionare sul tema), va detto che ora incontreremo avversari che – seppur ostici – tatticamente ci possono mettere meno in difficoltà di altri. Senza contare la tendenza di questa Juve ad esaltarsi quando non deve fare calcoli. Te come pensi sarà approcciata la gara di San Siro?

DARIO PERGOLIZZI (D): Il non dover fare calcoli, per una squadra abituata al tripudio del raziocinio e della gestione, può essere un fattore determinante in positivo proprio contro un avversario come l’Inter, che va necessariamente affrontato mettendo in campo una intensità a cui forse la Juve ci ha disabituato negli ultimi mesi. All’inizio della stagione ci sono state alcune partite giocate con un approccio stranamente poco allegriano, cercando di mantenere costante il livello del ritmo durante tutta la partita, proprio come nella gara di andata. Facendo meno attenzione a ragionare per quarti d’ora di gestione, la Juve dovrebbe affrontare i nerazzurri puntando su un pressing alto rapido e preciso, per ostacolare l’uscita della palla dalla difesa. Skriniar è molto bravo a giocarla, ma spesso le loro linee sono eccessivamente lunghe e ciò potrebbe portare a delle conquiste di possesso velenose già sulla trequarti di Spalletti.

J: Sì, l’Inter tra le big mi pare per distacco quella con meno varietà di soluzioni offensive, anche se non penso che le fasi di pressione alta della Juve possano essere improvvisate nel giro di pochi giorni (e vedendo i precedenti, meglio di no). In generale, credo che Spalletti opterà per un approccio prudente essenzialmente per due ragioni 1) l’ha sempre fatto contro la Juve; 2) l’attuale situazione di classifica. Una sconfitta potrebbe rivelarsi disastrosa, perché se la Lazio dovesse vincerle tutte si andrebbe allo scontro diretto dell’ultima giornata (appunto Lazio-Inter) con i nerazzurri già spacciati. La priorità, per Spalletti, è poter arrivare a Roma ancora in corsa per un posto CL, di conseguenza fare almeno un punto è la priorità assoluta. Tornando a noi, pensi in modifiche tattiche per Allegri? Sia di modulo che di uomini (ehm, Dybala).

D: Se Spalletti deciderà di lasciare l’inerzia alla Juventus puntando all’ostruzione delle vie centrali con un baricentro basso, a maggior ragione sarà necessaria un’intensità di applicazione anche in possesso palla da parte dei bianconeri. Sarà non solo importante muovere le linee dell’inter con una circolazione ragionata ed ordinata, ma anche farlo pescando al momento giusto l’uomo tra le linee. Sarà interessante vedere le varianti tra la Juve in possesso nella sua metà campo (se proverà ad attrarre il pressing dell’inter anche in maniera esasperata) e quella in possesso nella metà campo avversaria, frangente in cui ha mostrato qualche debolezza quest’anno contro avversari schierati in maniera ordinata. Penso che Allegri si baserà su quello che per lui è l’undici più forte in senso assoluto, e dubito dunque terrà fuori Dybala. L’unica cosa su cui mi interrogo è il modo migliore per far convivere, qualora vengano schierati insieme, Douglas Costa e Mandzukic. E’ vero che il brasiliano ha sfoggiato prestazioni eccelse da destra, ma credo che sarebbe più consono invertirli di fascia per ottimizzare gli attacchi sulle palle aeree. E tu schiereresti il croato o Cuadrado, se in forma?

J: Come ben sai, nel mio mondo ideale Douglas Costa gioca a sinistra esattamente nel modo in cui lo utilizzava Pep nel Bayern. Ossia, come penultima/ultima pedina nell’azione offensiva, non come fulcro indipensabile nello svolgimento della manovra. Tuttavia, considerando che sono rarissime le volte in cui serviamo lui (e tutte le ali) in situazioni dinamiche con un giro palla veloce, mi sembra più sensato metterlo a destra, dando continuità alla stagione. Col lavoro importante che richiediamo al singolo per rompere, con azioni individuali, la difesa posizionale avversaria, preferisco così. Altrimenti dipenderemmo troppo da Dybala, senza dimenticare che solitamente sulle fasce l’Inter è coperta, quindi sarebbe a mio avviso un azzardo alla luce del nostro rendimento stagionale. Se il risultato fosse in bilico e gli spazi aperti, avrebbe senso a gara in corso, come avvenuto contro il Milan. Tu comunque, considerando che è la prima partita post Napoli e che Sarri a Firenze ha il match più difficile di questo mini-ciclo, credi che sia già un turno così decisivo? Io sì, anzi sono convinto che chi chiuderà in testa la giornata 35 vincerà il campionato.

D: Secondo me l’unica configurazione con cui si potrebbe ragionevolmente considerare il campionato chiuso con questo turno, sarebbe solo la sconfitta del Napoli e la vittoria della Juventus. Vincere o meno questo scudetto sarebbe determinante per gli annali, ma credo che a prescindere dal finale siamo già in possesso di informazioni utili per trarre conclusioni definitive sull’annata e, cosa più importante, sul futuro della Juventus.

J: Sì, credo anche io che sia una stagione che ha detto molto indipendentemente da chi alla fine vincerà il campionato. Ma a quello ci sarà tempo per pensarci. Ora vanno stretti i denti per evitare quello che, senza mezze misure, sarebbe un fallimento. Se è vero che il Napoli sta compiendo un’impresa da applausi incondizionati con una mole di punti impensabili, il modo con cui è stato gestito il vantaggio da Crotone in poi sarebbe una recriminazione difficile da togliersi dalla testa.

#6lajuve perché hai anche Bernardeschi

Bernardeschi

Federico Bernardeschi è ritornato abile e arruolabile da un paio di settimane, dopo aver scongiurato l’operazione, che ha rischiato dopo l’infortunio patito nel derby del 18 febbraio scorso. Perché il fantasista carrarese può essere l’uomo del destino per quanto riguarda il match di San Siro e, in generale, per il resto del campionato? Ci sono due grandi motivazioni:

 

1) La voglia di rivalsa: L’infortunio ai legamenti conseguente al contrasto con Rincon in Torino-Juve, aveva stoppato un processo di crescita importante per Bernardeschi. Il numero 33 stava cominciando a determinare le partite con guizzi, assist e prestazioni di livello. Il crack gli ha fatto perdere il momento clou della stagione, e si aveva la sensazione che sarebbe tornato per un finale di stagione condito oramai da gare senza più importanza. Invece, il campionato si è clamorosamente riaperto, e Bernardeschi può diventare un fattore decisivo per vincerlo, continuando quel percorso, momentaneamente interrotto oltre due mesi fa

 

2) La freschezza mentale: Tenendo lontano Bernardeschi dal momento clou della stagione, l’infortunio ha permesso all’ex viola di non sobbarcarsi enormi cumuli di stress. Soprattutto per quanto riguarda la gara di Madrid, per la quale non è stato nemmeno convocato. In un momento in cui l’attacco bianconero sta subendo un’involuzione, soprattutto mentale oltre che fisica, Bernardeschi può rivelarsi esiziale, dall’inizio o a gara in corso, proprio per una questione di tranquillità e nervi saldi, ovvero quello che servirà avere a San Siro e nel resto della stagione, tenendo conto che oramai non è più tempo di magheggi tattici, ma tutto sta, appunto, alla tenuta mentale dei giocatori stessi.

#6lajuve perché mi aspetto molto dalla società

Mi aspetto molto dalla società, e non c’entra il mercato. Certo, quando diciamo la società usiamo un termine astratto: non è onnisciente, non è immanente e in particolare non è onnipotente. Però quella parola, società, assume un peso specifico particolare quando si parla di Juventus. Anche per questo mi aspetto molto dalla società.

La società qui non sono i soci. Sono gli uomini della filiera di comando. Sono i meccanismi, le dinamiche di potere, la cinghia di trasmissione dall’alto verso il basso, dove là in basso ci sono i calciatori-azienda che la Juve (forte di una sua storia e di un suo modo d’essere anche nell’industria globale del calcio) intende ancora spronare attraverso la formula novecentesca del senso del dovere. Una linea opposta all’orizzontale, ecco perché quando si dice società nel calcio si dice un’altra cosa, anzi quasi strettamente verticale: Elkann-Agnelli-Nedved-Marotta-Paratici-Allegri e Buffon in rappresentanza dei calciatori. Il settebello che, se è stato tenuto in mano, va giocato esattamente adesso.

Perché la società? Mica va in campo la società. La società però, quando è consolidata, è l’appiglio primo, unico e ultimo. Non so cosa mi aspetto e da chi esattamente, ma so che a differenza di tutti gli altri elementi la società, tantomeno questa società, si può piegare ma non spezzare. Che poi, noi, vediamo solo da fuori. Magari attraverso i vetri smerigliati e non soltanto dalla televisione e da internet, ma pur sempre da fuori.

Da lunedì a mercoledì si è visto di tutto, da Paratici come un segugio su Allegri in quel di Roma già nelle ore successive al gol di Koulibaly fino a giocatori che sono finiti in braccio ai tifosi. Poi parole, le solite, quelle ai media. Quel che conta e pesa, però, è altrove. Non più nelle idee sul campo, perché in rush finale contano soltanto più le intuizioni e ottenere il massimo sindacale da chi verrà schierato in prima linea.

Dunque mi aspetto molto dalla società e dalla sua catena silente. Mal che vada, questa volta sì, ci dovrà/potrà pensare il mercato.

Luca Momblano

#6lajuve perché puoi farlo diventare il più bello di tutti

Rocchi ha appena fischiato la fine di Juventus-Napoli. Gli spalti si svuotano, i mezzi pubblici all’esterno dell’Allianz Stadium si riempiono. I compagni di fede su WhatsApp possono essere una valvola di sfogo, un rifugio o magari un modo per allargare gli orizzonti e guardare oltre. Tra le nubi di stati d’animo oscuri, nasce questa conversazione tutta siciliana tra due autori di Juventibus, uno reduce dagli spalti, l’altra ancora inerme sul divano di casa.

Giuseppe Gariffo: Ho dormito quattro ore, stanotte, per assistere a questo spettacolo penoso, Valeria. Ma loro che ne sanno? Tu puoi capirmi. Aerei, hotel, taxi… e neanche scendono in campo! Uno scempio. Tu come stai?

Valeria Arena: Lascia stare ché in casa Arena si sta vivendo una tragedia. Avendo sempre avuto il fiuto del peggior segugio del mondo, ho deciso di fare a papà, nato il 24 maggio, il regalo di compleanno anticipato, regalandogli il biglietto di Juve-Bologna, che guarda caso capita pure di 5 maggio. Per lui sarebbe pure la prima volta allo Stadium, quindi forse diventerò la peggior figlia del mondo. Ora, non dico che ero sicurissima di vincerlo proprio quel giorno, ma addirittura rischiare di arrivare a giocarcela da secondi, ecco, no. Se mi drogavo, forse gli davo un dispiacere minore.

GG: Mamma mia che tempismo, Vale! Ahahah, almeno mi stai facendo fare una risata! Sai che anche io davo per scontato di tornare su il 5 Maggio? La magia della data, il +6 che fino a quattro giorni ci faceva sentire irraggiungibili… Adesso proprio non saprei, il ballottaggio con gli stupefacenti che evochi non è così irreale. Però sai, il fatto che vieni su tu mi potrebbe convincere a compiere quest’atto irrazionale. Non ci siamo mai incontrati nei matchday a Torino. E poi, da come me lo hai raccontato sin qui, voglio assolutamente conoscere Arena sr (anzi, il mio vicino di posto non viene di sicuro, se vuole può guardare accanto a me!). Che dici, la faccio sta pazzia?

VA: Ti direi di aspettare l’esito di Inter-Juve, ma qui è un prendere o lasciare. Esserci sempre e comunque o mollare prima perché non ci si crede più. E probabilmente non saremo noi. So bene che il nostro ruolo è tifare, sono gli altri quelli che scendono in campo, quindi se il portafoglio consente, vale sempre la pena esserci. Certo, te lo dico perché ho già abbondantemente svuotato la carta, ormai vado incontro al mio destino. Per quanto riguarda papà, ha superato la fase lutto e imboccato la fase Demitri: perdere tutto per non rivedere mai più Allegri, che mal sopporta dal quel giugno 2014. Ma ci crede davvero? Chi in fondo ci crede davvero?

GG: Ci credo? Non ci credo? Boh. Il “crediamoci” dei tifosi è uno slogan molto abusato nel calcio. Non siamo noi a scendere in campo. La squadra, semmai, ci crede? E’ come se chiedessi a un chirurgo che sta per iniziare un intervento difficile se riuscirà a portarlo a termine (deformazione professionale). Per forza ci si crede, altrimenti nemmeno ci si mette i guanti. Preferisco guardare la realtà nuda, e questa partitaccia di stasera ci mette di fronte a un’occasione: questo scudetto che stavamo portando a casa stancamente rischia di essere leggendario più degli altri, se lo vinciamo. Mi dicono che il Napoli festeggia negli spogliatoi, che Insigne sfotte. Pensa se anche quest’anno lo dovranno vincere l’anno prossimo! Sai che ti dico?? Io adesso faccio il biglietto, vado subito a guardare i voli Palermo-Torino. Tanto ormai il mio smartphone conosce la strada. Tu a che ora arrivi? E se a San Siro non vinciamo?? Non voglio neanche pensarci! Il tema al momento non esiste. Ma cosa significa essere juventini per noi terroni? Che strani che siamo…!

VA: Poi però convinci papà ad entrare allo Stadium perché non vuole andarci più. Va solo a guardare il museo, è un nostalgico. Non gli va bene Allegri, ma non gli andava bene neanche Conte. Non gli va bene più nessuno, è un vecchio cinico ormai. O un vecchio sentimentale. Questo scudetto era un miracolo già da agosto, non capisco perché lo dava per scontato. Certo, dopo aver rincorso, superato e allungato, ritrovarsi così vuol dire che solo che lo hai perso male tu. Ma sai che secondo me è vera quella storia della crisi del settimo anno? Varrà pure per il calcio, no?

GG: Arena, così mi confondi! prima mi metti di buonumore e mi fai pensare “viene su la Catanese, il Palermitano risponde”. Poi mi parli di crisi del settimo anno, di scudetto “perso male”…!? Non ti rispondo male solo “perché sei donna e sei anche carina” (semicit.). Per quanto riguarda mr. Arena no problem, mi hai detto che è astemio, giusto? Bene! So già come fargli confondere Allegri con Guardiola. E allo stadio lo porto anche in spalla. Perché anche lui, con il suo cinismo sentimentale, è la Juve. Tutti con quei colori nel cuore, ognuno con la propria provenienza, le proprie fissazioni, le attitudini, il temperamento, il modo di essere tifoso. Anche Mattia Demitri, sotto sotto, se vinciamo sto scudetto, esulterà alla Carletto Mazzone sotto la curva dell’Atalanta. Figurati se la Juve non trascinerà un siciliano a cui le figlie regalano la prima allo Stadium!

VA: Allora ci vediamo al fischio finale di Juve-Bologna e decidiamo se rimboccare le coperte a papà o portarlo a bere. Io non mi gioco solo scudetto, mi gioco anche il rapporto padre-figlia. Se lo perdiamo, me lo rinfaccerà anche in punto di morte. Niente, dobbiamo vincere. Non esistono alternative valide.

GG: noi a bere ci andiamo sicuro. Per un motivo o per un altro. E lui ci seguirà, perché un catanese non lascia la primogenita da sola con uno sconosciuto e per giunta palermitano. Non temere. Allora ci si vede il cinquemaggio!!

VA: Yes;-) Belli pronti!

#6lajuve perché Pogba non ti ha dimenticata (e viceversa)

Pogba juve

“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, ovvero l’Amore, che obbliga chi è amato ad amare a sua volta. La celebre frase del V Canto dell’Inferno è davvero semplice da collegare a chi tra i Diavoli oggi si trova, e dai quali non è capito e apprezzato sino in fondo. Perché se è vero che non c’è altro posto come casa propria, è altrettanto innegabile che la vera casa è dove lasci il cuore e le persone che ami. E non siamo del tutto sicuri che la casa di Paul Pogba si trovi a Manchester.

Per quanto media e sponsor ci abbiano martellato con l’hashtag #Pogback, per quanto si sia puntato sulla retorica del ritorno a casa, per quanto anche lo stesso Paul si sia pian piano convinto che quella fosse la cosa giusta da fare, certamente aiutato dal suo sentimentalissimo agente e dalla cascata di oro garantita dai mancunians, sia noi che lui sappiamo che la sua Famiglia con la F maiuscola, il luogo dove è stato cresciuto e amato, capito e assecondato ma anche indirizzato e bacchettato, si chiama Juventus.

Come nelle storie d’amore più belle, entrambi ci siamo accorti del vero valore del nostro rapporto solo una volta che esso si è sciolto; vale per Paul per tutti i motivi sopra elencati, ma vale anche e soprattutto per i tifosi della Juve. Incostante, abulico, fine a sé stesso, poco incisivo, un affare cederlo a 100 milioni, campione a metà, immeritevole di indossare la maglia numero 10: si è detto tutto questo, ma anche molto di peggio, su Pogba al momento della cessione, nel più classico dei cliché in stile “la volpe e l’uva“. Alzi la mano chi ora ripeterebbe anche una sola di tali affermazioni.

Di soli sentimenti non si vive, servono affinità e intenti comuni, ciò che Pogba non ha certamente trovato alla corte di Mourinho: il vate portoghese l’ha dapprima piazzato davanti alla difesa, amputandone estro e creatività, poi l’ha riportato nel cuore della manovra offensiva e Paul l’ha ringraziato regalandogli la prima Europa League della sua carriera, infine l’ha invischiato nell’anticalcio praticato dal suo United in questa stagione, la creatura mostruosa che ha portato i Red Devils al crollo in Champions contro il Siviglia e a vivere di espedienti e lampi garantiti da una rosa di altissimo livello in Premier. La Juve attuale non è certo il miglior sponsor del bel gioco col quale convincere il Polpo, certo, ma la prossima, con lui come fulcro e chissà chi alla guida, potrà essere diversa, chi può dirlo?

Sognare è sempre bello, ma la realtà dei fatti parla di un Pogba “prigioniero” di un contratto faraonico, di un club che non ha assolutamente necessità di vendere e di un agente che mai e poi mai accetterebbe una valutazione al ribasso per l’indiscussa stella della sua scuderia. D’altro canto, sognare ci è sempre piaciuto e non smetteremo certo ora. Torna Paul.

Alex Campanelli.