Bentornato, Alvaro!

Niente è più bello che tornare a casa. Perché questo è l’arrivo di Álvaro Morata a Torino: un ritorno a casa.

E’ dunque ufficiale l’ingaggio dell’attaccante spagnolo in bianconero: arriva dall’Atletico Madrid, dove ha militato nelle ultime stagioni; con noi giocherà in prestito per il 2020/2021, con opzione per il prolungamento di un anno.

Di seguito il comunicato ufficiale.

ACCORDO CON L’ATLETICO MADRID PER L’ACQUISIZIONE DEL CALCIATORE ÁLVARO MORATA

Juventus Football Club S.p.A. comunica di aver raggiunto un accordo con la società Atletico de Madrid per l’acquisizione, a titolo temporaneo fino al termine della stagione sportiva 2020/2021, del diritto alle prestazioni sportive del calciatore Álvaro Morata a fronte di un corrispettivo di € 10 milioni, pagabili interamente nel corso di questo esercizio.

Inoltre, l’accordo prevede:

La facoltà da parte di Juventus di acquisire a titolo definitivo le prestazioni sportive del giocatore entro il termine della stagione 2020/2021 a fronte di un corrispettivo di € 45 milioni, pagabili in 3 esercizi;

La facoltà da parte di Juventus di estendere l’acquisizione a titolo temporaneo fino al termine della stagione 2021/2022 a fronte di un corrispettivo di € 10 milioni;

La facoltà da parte di Juventus di acquisire a titolo definitivo le prestazioni sportive del giocatore entro il termine della stagione 2021/2022 a fronte di un corrispettivo di € 35 milioni, pagabili in 3 esercizi.

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firma morata3

Sono state “solo” due stagioni, quelle di Álvaro Morata alla Juve.

Ma in due anni accadono tante cose: un album dei ricordi si riempie di momenti irripetibili. E nel nostro caso, parliamo di gol, di esultanze, di vittorie e di Coppe.

Álvaro è stato a Torino dal 2014 al 2016, e ha lasciato il segno. Con i suoi gol, 27, con la sua presenza costante nell’attacco bianconero, con il suo carattere e il suo temperamento di campione gentile.

Gentile, ma determinato. E determinante: nel suo periodo alla Juventus – dal 2014/15 al 2015/16 – nessun giocatore bianconero ha preso parte a più gol di lui, considerando tutte le competizioni: 43 (27 reti e 16 assist), al pari di Paul Pogba.

I gol, però, non si contano soltanto, ma si pesano. E allora come non ricordare le sue zampate, in Champions League, nella grande cavalcata verso la Finale di Berlino (e segnò anche li, a coronamento di un filotto di gol in 5 partite di fila in Europa, prima di lui solo Del Piero), in Campionato, in Coppa Italia.

Ecco: la sua ultima istantanea in bianconero è a Roma, il 21 maggio 2016: entra al minuto 108, segna al minuto 110, ed è il gol che ci fa alzare proprio la Coppa Italia, in Finale contro il Milan.

Poi sono stati quattro anni di lontananza, fra Londra e Madrid: proprio nella Liga Álvaro ha lasciato il suo graffio, eccome: dal suo arrivo all’Atletico Madrid (gennaio 2019) è stato il giocatore che ha segnato più gol per i Colchoneros nella Liga spagnola – 18 e quello che ha effettuato più tiri sia totali (99) che nello specchio (44).

Gli album dei ricordi sono fatti per essere aperti, goduti, rivisti e rivissuti. Ma i ricordi più belli sono quelli che si rinnovano: e allora non vediamo l’ora di scattarne ancora tante, di fotografie, insieme. Non vediamo l’ora di vedere altri gol. Altre esultanze. Altri momenti da far tremare i polsi.

Altro. More.

Perché Álvaro è andato via quattro anni fa, ma siamo sicuri che quando tornerà in campo sarà come se fosse passato un solo giorno.

Perché Alvaro è uno di noi. Perché Álvaro è (di nuovo) bianconero.

https://youtu.be/7-F5ZTJ1r4M

Alvaro Morata, uomo di emozioni

Le emozioni sono il collante della nostra identità

(Cit.)

Alvaro Morata è uomo delle emozioni.

E’ lui che in coppia con Tevez ci ha trascinati verso il sogno Champions del 2015; l’uomo che ci ha permesso di tornare a giocare una finale della Coppa dalle Grandi Orecchie dopo 12 anni da Manchester. L’uomo che ha segnato i due gol al Borussia Dortmund negli Ottavi di finale; è sempre lui ad aver raggelato il Real Madrid (e i tifosi inferociti con lui) segnando il gol qualificazione, Bernabeu con i blancos increduli seduti a terra, l’inno del Real che pare una beffa, e i bianconeri esaltati alla massima potenza, con Chiellini che si esibisce a mò di gorilla: Bye bye Real, noi andiamo a Berlino.

E’ ancora lui nella finale contro il Barcellona a segnare l’unica rete bianconera di quell’amaro 1-3, nessun gorilla che festeggia, le lacrime di Pirlo ad imperitura memoria per noi tifosi.

Credo di poter dire che il Morata migliore è stato quello bianconero. E se il passato è passato, spesso però porta con se la nostalgia, quella che per dirla alla Kundera è provocata dal desiderio di ritornare dove si è stati bene.

Detto fatto, nel giro di un giorno, Morata è ritornato, è di nuovo uno di noi.

Uomo di emozioni, date e ricevute, di quelle che non bussano ma entrano impetuose sbattendo le persiane.

Piangi a casa

Come quella volta che, dopo un allenamento pessimo, (“Era stata una delle peggiori sedute della mia vita, non riuscivo neppure a controllare la palla. Il preparatore mi chiese cosa non andasse e gli risposi che ero triste”), Alvaro scoppia a piangere, accanto a lui Gigi Buffon che lo prende da parte e gli dice: “Se vuoi piangere fallo a casa da solo. Altrimenti renderai felici le persone che ti vogliono male e renderai tristi le persone che come noi ti vogliono bene”.

A cena con il fan

Gennaio 2016, dopo partita di Coppa Italia contro l’Inter vinta per 3 a 0, doppietta di Alvarito.

Serata indimenticabile ancora di più per un giovanissimo tifoso che, con indosso la maglia di Morata, festeggia in un pub. Lo stesso nel quale arriva Morata con gli amici. “Oggi a Gianmarco offro io” dirà, avvicinandosi al ragazzo. Che racconterà: “Morata ha mandato a prendere un maglia nuova di zecca e con un pennarello ha scritto: “Al mio amico Gianmarco con tanto affetto”. Poi mi ha invitato ad unirmi al suo tavolo e mi ha lasciato il suo numero di telefono“.

Il passeggero del taxi

Finale di Coppa Italia, partita con il Milan, con il gol di Morata decisivo.  Un tifoso girovaga alla disperata ricerca di un taxi. Uno si ferma ma solo perché il semaforo è rosso; il passeggero si affaccia e chiede: “Com’è andata la partita”. “Abbiamo vinto, 1-0”.  “Chi ha segnato?”.  “Morata”. “Com’è stato il gol?”. “Cuadrado da destra, cross, arriva Morata da sinistra, gol”.  “Sono io Morata!”. Il taxi riparte ma notando il tifoso che lo rincorre si ferma. Alvaro scende e si fa immortalare con il tifoso.

L’aneddoto di Allegri 

Massimiliano Allegri, suo ex allenatore, a proposito del suo arrivo a Torino ricorda: “All’inizio tirava sempre in porta. Ad un certo punto Tevez ha iniziato a guardalo un po’ di traverso. E allora lui non ha tirato più!“.

Tennista “fuori controllo”

 “Da piccolo giocavo a tennis, ogni giorno due ore di allenamento, oltre all’ora quotidiana di calcio. Ho fatto anche qualche torneo nazionale, ma non avevo la testa, mi arrabbiavo spesso, faticavo a controllare le emozioni. Poi un giorno ho dovuto fare una scelta, ed ho scelto il calcio. E mi sono rilassato”.

Senza emozioni il calcio è solo un pallone che rotola.

Bentornato Alvaro, siamo pronti a emozionarci con te.

Che giocatore è diventato Alvaro Morata?

Aspettati grandi cambiamenti da un uomo che non vedi per tre giorni”; suona più o meno così la massima che sta dietro a un antico proverbio cinese, la quale sostiene che anche in poco tempo un individuo può mutare i propri comportamenti in maniera considerevole. Alvaro Morata manca da Torino da poco più di 4 anni, i suoi gol nella cavalcata Champions infrantasi contro il Barça di Suarez (!) sono incastonati in una fessura dello spazio-tempo che contemporaneamente ce li fanno sembrare vicini e lontanissimi, ma a 4 stagioni piene dall’ultima apparizione in bianconero è necessario fare il punto sul Morata attuale.

Le caratteristiche del Morata bianconero ce le ricordiamo un po’ tutti, ben fissate nella nostra mente e magari anche un po’ ingigantite dal nostalgismo tossico che permea il nostro calcio e (purtroppo) non solo: Alvaro si è dimostrato un attaccante rapido e tecnico, bravo sia di testa che nel tiro con entrambi i piedi, fortissimo in transizione, capace di spaccare il campo in due con le sue conduzioni palla al piede e di attaccare la profondità in maniera efficace, impiegabile da prima e da seconda punta grazie alla sua adattabilità a qualsiasi compagno di reparto, soggetto però a cali di rendimento e di concentrazione, periodi nei quali si intestardisce ben oltre il dovuto e sbaglia gol per lui semplicissimi.

Nelle ultime 4 stagioni Morata ha giocato nel Real di Zidane campione d’Europa, nel Chelsea di Conte e nell’Atletico Madrid di Simeone, contesti differenti che gli hanno richiesto cose molto diverse, ampliandone il bagaglio tattico ma senza favorirne, complice senz’altro il giocatore stesso, la definitiva esplosione che era possibile auspicare dopo la prima stagione in bianconero. Pur non avendo egli ancora un’identità univoca e ben definita, analizzando il percorso di Morata proveremo a capire che giocatore è diventato.

Tornato a Madrid nell’estate 2016 grazie alla clausola di riacquisto, le aspettative intorno a Morata sono elevate, ma le gerarchie di Zidane sono inossidabili: Morata è la riserva di Benzema, e in misura minore anche degli altri componenti del tridente, magari un dodicesimo ma mai un titolare vero. Lo spagnolo risponde con una stagione che è tuttora la migliore della sua carriera per media gol in campionato: pur partendo titolare appena 14 volte, Morata in Liga segna ben 15 reti in 1331 minuti, più di un gol ogni 90′. Non c’è invece traccia di lui nella conquista della Champions League: appena 24 minuti nella fase ad eliminazione diretta, bastati comunque per segnare al Napoli e ricordarci, con l’esultanza che segue, che ci vuole bene.Embed from Getty Images

A fine stagione Morata lascia Madrid addirittura per 66 milioni di euro, senza di fatto aver mai avuto la completa fiducia del club che lo ha cresciuto ma con aspettative altissime per l’annata seguente, agli ordini di un allenatore che già anni prima aveva espresso il desiderio di volerlo allenare: Antonio Conte.

Il matrimonio tra l’attuale tecnico dell’Inter e l’attaccante iberico sembra uno di quelli annunciati, troppo adatto il gioco di Conte alle caratteristiche di Morata e troppo incisivo e rapido lo spagnolo per non sfondare in Premier League, eppure qualcosa va storto. Morata parte fortissimo, con 6 reti nelle prime 6 gare, poi la sua vena realizzativa progressivamente si inaridisce, i suoi movimenti diventano prevedibili e nelle gare cruciali della stagione, gli ottavi col Barcellona, Conte gli preferisce Hazard e Giroud. Morata in seguito dichiarerà di non aver sentito la fiducia dei compagni, sta di fatto che la sua avventura a Stamford Bridge viene etichettata come flop nonostante di fatto lo spagnolo segni un gol ogni 180′.

Nell’ultima stagione e mezzo Morata ha giocato nell’Atletico Madrid, mai da titolare fisso, ma è riuscito a mantenere intatta la sua media gol nonostante un contesto per nulla semplice e volto alla conservazione più che alla ricerca della rete come quello del Cholo, a sua volta più propenso a valorizzare attaccanti totali (Diego Costa, Falcao, Griezmann) capaci di cantare e portare la croce senza affidarsi troppo alla manovra. L’ultimo flash del Morata colchonero è senz’altro il gol qualificazione realizzato contro il Liverpool, rete che ha rispolverato quella sua abilità di incidere nelle serate europee la quale sembrava essersi un po’ sopita dopo l’addio alla Juve.

Non è un gol difficile, ma la galoppata di Morata non può che avervi ricordato struggentemente le sue progressioni all’Allianz Arena contro il Bayern.

Più di un addetto ai lavori 3 anni fa, al passaggio dal Real al Chelsea, avrebbe scommesso sulla definitiva esplosione di Morata, invece Alvaro non è mai diventato quell’attaccante capace di segnare con continuità 20 gol ogni stagione, fare da riferimento al centro dell’attacco e garantire quella profondità e quell’incisività che appaiono quasi scontate per uno del suo talento. Morata si è rivelato un 9 e mezzo nell’accezione peggiore del termine: non possiede la freddezza e l’abilità nel posizionamento e nel gioco spalle alla porta dei centravanti veri, ma nemmeno la visione di gioco e il tocco vellutato dei numeri 10, pur disponendo di una buona tecnica.

Rispetto al suo primo periodo in bianconero, Morata è peggiorato nei passaggi chiave e nei dribbling riusciti sul totale, e in generale l’esperienza negativa di Londra e quella in chiaroscuro di Madrid sembrano averne ristretto il bagaglio tecnico: Morata con la palla fa meno cose che in passato, non sempre bene, raramente con la fiducia che ne ha contraddistinto le migliori uscite in bianconero. Il cholo Simeone gli ha però inculcato i suoi dettami in materia di non possesso, e oggi Morata è perfettamente in grado di inserirsi in un sistema codificato di pressing e copertura degli spazi, fondamentali dei quali certamente non disponeva 4 anni fa.

In totale controtendenza, dal ritorno a Madrid in poi Morata ha sempre mantenuto un’alta media realizzativa, con una grandissima capacità di incidere da subentrato già intravista in bianconero e poi amplificatasi negli anni. Se prendiamo in considerazione la sua intera carriera, Alvaro ha la media (nelle gare coi club) di una rete ogni 154 minuti: per capirci, Lewandowski segna un gol ogni 117 minuti, Suarez uno ogni 127 e Higuain uno ogni 142.

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Oltre alla media gol/minuti giocati, dividendo i minuti complessivi con le presenze scopriamo che Morata ha giocato in media 56,5 minuti a partita nella sua carriera, numeri non da panchinaro ma sicuramente non da titolare fisso.

La componente psicologica ha spesso giocato un ruolo fondamentale nella carriera di Alvaro Morata: nelle due stagioni che avrebbero dovuto sancire il suo ingresso tra i migliori attaccanti del mondo, la seconda alla Juventus e la prima al Chelsea, il ragazzo ha fallito in maniera abbastanza netta, come schiacciato dalle aspettative. Ben diverso è stato quando lo spagnolo ha dovuto scalare le gerarchie o trarre il massimo dai pochi minuti concessigli, come il primo anno alla Juve, partito infortunato e dietro a Llorente, e l’ultimo al Real.

Alvaro Morata è la riserva perfetta, non perché sia felice di stare in panchina o non sia all’altezza dei titolari, ma perché le sue prestazioni traggono vigore dall’essere continuamente messo in discussione, dal rivestire il ruolo dell’underdog, dello sfavorito, di quello che vuole continuamente sorprendere. Per contro, il ragazzo a quasi 28 anni ha dimostrato di non avere le spalle abbastanza larghe per reggere l’attacco di una grande per molte partite consecutive, le quali tendono a metterne in mostra limiti e lacune; ha piuttosto bisogno che gli vengano addossate poche responsabilità e che non gli venga puntato contro il dito se non segna per 5 gare di fila.

In questo senso, l’acquisto di Morata si inserisce alla perfezione in un reparto che vedrà Cristiano e Dybala come titolari fissi, Kulusevski a cercare di guadagnarsi spazio insieme a loro o da ricambio dell’argentino e proprio Alvaro come perfetto sostituto di tutti e tre, dal 1′ così come a partita in corso, senza abbassare l’efficacia della squadra in entrambe le fasi. Inoltre, poter inserire nel secondo tempo un giocatore che sa entrare in partita immediatamente ed è dotato di velocità, tecnica e tremendismo nelle notti di Champions è un’arma importantissima; il lavoro di Pirlo sarà coccolarlo e farlo sentire importante, quello di Alvaro sarà essere sé stesso nel migliore dei modi. Tutto quello che verrà in più sarà da considerarsi un gradito regalo.

Morata, come è andato in coppia con Ronaldo e con Dybala?

Dopo quattro anni, Álvaro Morata torna a casa. A riabbracciarlo sono anche due dei compagni di reparto più importanti che ha avuto nel corso della sua carriera: Paulo Dybala e Cristiano Ronaldo.

Chi, tra i due, si è rivelato il partner migliore per lo spagnolo? Andiamo ad analizzare i numeri delle coppie Morata-Cristiano e Dybala-Morata.

181 complessivi i gol prodotti in coppia da Cristiano e Alvaro con la camiseta blanca (anche se quasi mai schierati in un vero e proprio attacco a due), mentre, come evidenziato in un articolo di Sky Sport, sono soltanto dieci le gare in cui entrambi sono andati in gol, producendo ben tre 5-0.

Al fianco di Dybala, invece, Morata ha trascorso solo una stagione, caratterizzata da una continua alternanza con Mandzukic e alcune staffette con l’argentino, riducendo ai minimi termini le occasioni in cui sono stati in campo insieme.

Il loro primo incrocio in campo da compagni di squadra è tutt’altro che indimenticabile: alla seconda giornata, in un Roma-Juventus finito 2-1 per i capitolini. Proprio dai piedi di Morata, però, parte il contropiede che porta al primo gol in maglia bianconera di Paulo, su assist di Pereyra.

Più fortunata è invece la prima insieme da titolari in Champions League, con Alvaro che eguaglia il record di 5 gol consecutivi detenuto da Alessandro Del Piero segnando in casa del Manchester City. I due partiranno contemporaneamente da titolari solo in altre due occasioni, entrambe in trasferta, contro Borussia Monchengladbach, finita 1-1, e Siviglia, finita 1-0 per i padroni di casa.

La prima occasione per vederli entrambi in gol arriva il successivo 4 ottobre, in casa contro il Bologna: la partita si mette subito in salita per i bianconeri, che pareggiano con gol di Morata su assist di Khedira (lanciato in profondità proprio da Dybala) e la chiudono con Dybala su rigore, conquistato da Álvaro, e Khedira.

Snodi fondamentali della stagione della “coppia” sono le partite con il Chievo al Bentegodi, finita 0-4 con i primi due gol segnati da Morata, e il Frosinone, con Dybala che segna un gran gol su assist di Morata.

Nel Derby della Mole, invece, Morata subentra a Dybala, uscito dal campo per infortunio dopo mezz’ora di gioco, e segna due gol.

In Coppa Italia i due condividono uno spezzone di partita contro il Toro – finita 4-0 con l’argentino in gol – e l’andata contro l’Inter, mentre in finale è lo spagnolo, entrato in campo nei tempi supplementari, a segnare il gol decisivo.

Esperienze diverse quindi: super-sostituto nel Real di Ronaldo a segnare con puntualità ma in gare già chiuse o in spezzoni di gara e pochissime esibizioni brillanti in copia con Dybala per un Morata che, dopo le scintille iniziali, non ha mantenuto negli anni lontano da Torino le promesse legate al suo enorme potenziale.

Si tratta, quindi, di dati che vanno presi con le possibili precauzioni del caso, trattandosi di stagioni di diversi anni or sono, in campionati diversi, in realtà tattiche completamente diverse e, soprattutto, di due eventuali compagni di reparto che hanno gradualmente evoluto il proprio modo di stare in campo nel corso degli anni.

Ed è probabilmente l’evoluzione definitiva l’ingrediente mancato ad Alvaro Morata per poter essere un titolare convincente di una superbig europea.

Chi può essere, dunque, il partner migliore per il numero nove spagnolo? Per caratteristiche, molto probabilmente Dybala. Un nove e un dieci, come accaduto nella stagione 2014-15 con Tévez, con cui ha avuto il rendimento migliore in termini di incisività. Ma anche come scudiero di Cristiano (un 7 e un 9) Morata è atteso a prove incoraggianti.

di Corrado Parlati