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Bernardeschi gol, la Juve passa a Cagliari

La rete dell’esterno spezza l’equilibrio della gara contro i sardi e tiene i bianconeri a un solo punto di distanza dal Napoli

La Sardegna è terra tosta e tornare da lì con tre punti non è affar semplice. La Juve ci riesce, soffrendo, ma non più del previsto, perché in realtà Allegri aveva ampiamente avvertito i suoi di quanto sarebbe stato difficile portare a casa il bottino pieno. In gare simili normalmente decide la classe e così avviene: i bianconeri si affidano a quella di Douglas Costa e Bernardeschi, che costruiscono l’azione decisiva e costringono alla sconfitta un ottimo Cagliari.

BOTTE E RIPOSTE

Da un parte la punizione di Dybala sulla traversa, il destro di Higuain a fil di palo, il sinistro di Bernardeschi sul legno. Dall’altra due colpi di testa di Pavoletti, uno a lato e uno respinto sulla linea da un miracolo di Szczesny, più la percussione centrale di Farias, fermata dal decisivo recupero di Barzagli: la partita è un botta e risposta infinito, perché la Juve prende il comando del gioco in avvio, ma i sardi hanno la personalità per non intimorirsi e rispondere colpo su colpo tanto da sfiorare il vantaggio in chiusura di tempo ancora con Farias, che centra il palo arrivando a concludere a  non più di quattro metri dalla porta. Bernardeschi per entrare nel vivo dell’azione è spesso costretto ad arretrare e il tridente si trasforma sempre più spesso in un 4-4-2. Matuidi, ben controllato da Romagna, fatica a spingere sulla sinistra e grazie al controllo delle fasce il Cagliari riesce a limitare le soluzioni offensive della Juve. Inoltre l’intensità messa in campo dagli uomini di Lopez, pronti a raddoppiare, a chiudere le linee di passaggio e a ripartire rapidamente non appena entrati in possesso di palla, impedisce ai bianconeri di imporre il proprio ritmo.

BERNARDESCHI GOL!

Se non bastasse la buona vena degli avversari, nel primo quarto d’ora della ripresa arrivano l’infortunio di Dybala, che si ferma dopo uno scatto e lascia il posto a Douglas Costa, e lo scontro fortuito tra Szczesny e Khedira, sostituito da Mandzukic. Il vecchio detto, “non tutti i mali vengono per nuocere” si applica però perfettamente alla situazione, perché l’equilibrio viene spezzato proprio da uno dei nuovi entrati: alla mezz’ora Douglas Costa trova spunto vincente sulla sinistra e lascia partire un traversone rasoterra su cui arriva Bernardeschi, che a due passi dalla porta spedisce in rete.

VOLONTÀ DI FERRO

Nel finale Allegri richiama proprio l’autore del gol per Lichtsteiner, passando così alla difesa a cinque, anche per cercare di limitare la reazione del Cagliari, che inserisce invece altre due punte, Sau e Giannetti. La Juve si chiude con una volontà di ferro e un atteggiamento umile, ma tante volte più utile di mille giocate raffinate per portare a casa il risultato. A questo punto ogni tentativo del Cagliari diventa inutile e viene rispedito al mittente. E gli sforzi vengono premiati dal triplice fischio di Calvarese, che consegna alla Signora i tre punti e una sosta di campionato serena.

CAGLIARI-JUVENTUS 0-1

RETI:  Bernardeschi 29′ st

CAGLIARI
Rafael; Romagna, Ceppitelli, Pisacane (43′ st Giannetti); Faragò, Barella (41′ st Van Der Wiel), Ionita (24′ st Sau), Cigarini, Padoin; Farias, Pavoletti
A disposizione: Cragno, Crosta, Capuano, Andreolli, Dessena, Melchiorri, Deiola, Cossu
Allenatore: Lopez

JUVENTUS
Szczesny; Barzagli, Benatia, Chiellini, Alex Sandro; Khedira (15′ st Mandzukic), Pjanic, Matuidi; Bernardeschi (34′ st Lichtsteiner), Higuain, Dybala (5′ st Douglas Costa)
A disposizione: Pinsoglio, Loria, Rugani, Asamoah, Sturaro, Bentancur
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Calvarese
ASSISITENTI: Paganessi, Tolfo
QUARTO UFFICIALE: Giua
VAR: Banti, Marrazzo

AMMONITI: 42′ st Matuidi, 7′ st Bernardeschi, 31′ st Pavoletti

Cagliari-Juve 0-1: perché vinciamo in Italia e perdiamo a Cardiff

Spiace. Di arbitri non me ne intendo. Ho gusti personali, creati sul lungo periodo, pur non provando nessun tipo di attrazione. Se volete, posso dirvi questo: Orsato è il numero uno per distacco da almeno un lustro, ma veniamo a noi.

 

Chi siamo?

La Juventus che in Italia fa, a volte disfa, spesso tiene botta, spaventa e irretiscegli avversari, li gasa e fa loro vivere una notte europea. Direi che è dal 2013, circa, che questa dimensione è stata riacquisita. Poi elevata dai risultati sportivi della gestione Allegri più ancora che da quelli finanziari (sono vasi comunicanti, ho capito, ma nel calcio 11 + 3 non fa sempre 14). Insomma, siamo quelli dei primi 20 minuti di Cagliari, poi anche quelli dei primi 20 della ripresa, arruffati e con le mani disperatamente in tasca per ritrovare il filo (ma dove cavolo l’abbiamo messo sto filo?). Siamo però anche quelli degli ultimi 10, in linea con la novità dicembrina chiesta alla squadra da Allegri, segnata dagli ingressi in pianta stabile di Benatia e Matuidi, quindi difendere aggredendo e senza chiudersi a riccio. Mi sono chiesto perché, ovvero di cosa non si fida più Allegri quando è ora di mettere la cerniera al risultato? Credo si tratti degli esterni, ogni volta poi dipende dai nomi e dal contesto, ma con Lichtsteiner e Alex Sandro (mi tocca dirlo: Asamoah ha poco di meno del brasiliano in questo momento, e anche qualcosa di più) di questi tempi fare le tartarughe dietro vuol dire mettersi a rischio di una temibile successione di traversoni dalla media-corta distanza. Attenzione, però: siamo forti. Nel fisico, nella testa, nel Pjanic-Douglas Costa (torna presto, Dybala!) anche se nessuno tra 25 ha capito esattamente quale sia la pappa preferita da Higuain. Ogni volta la si cambia, e anche quando non la si cambia non è mai come la volta prima. Dolce mistero invernale. Con un punto chiaro, netto, diverso, rispetto al recente passato: è certificato, questa Juve non dipende da nessuno. Facciamolo pure il gioco dei nomi: nessuno. Forse, Chiellini. Ma anche no alla fine. Nomi esauriti.

 

Dove andiamo?

In una direzione nuova. A Cagliari poteva prendere subito la piega di Bologna e invece lascia più segni di Verona. Allegri non arretrerà più dalla linea di una Juve non sempre ragionevole (ma avete presente le scelte di gioco degli ultimi minuti? impensabili anche soltanto sei mesi fa, e forse anche folli… chi lo sa). Non lo fece con il 4-2-3-1 quando si era pensato sarebbe stata una parentesi insostenibile. Quella linea è la linea guida, poi ci possono essere singoli match, costruzioni ad hoc, pensieri profondi sull’avversario. Ma qui, a parte la trasferta del San Paolo, siamo nella sfera Champions che è ancora qualcosa più, in teoria, della sfera Tottenham. Però c’è almeno un però: se perdiamo il filo, con il centrocampo che torna al centro del destino della squadra, si va in direzione Cardiff. Contro Barella (a proposito: meglio lui o Cristante? C’è gente che cambia idea ogni settimana) & co. una certa passività di Higuain ci ricorda qualcosa. Sono istantanee, per carità, che fanno pari con l’imbuto nelle scelte di gioco, la cocciutaggine che gli è valsa anche la fama, il gol di Bernardeschi che in una serata normale sarebbe stato suo. Anzi, non sono istantanee, sono solo paure anche sacrosante che lo juventino deglutisce e scaccia. E poi, altro insegnamento di quel ricordo là: a Pjanic bisogna stare vicini vicini, lo dicono parecchie partite di fine 2017, dargli tutto il corto del mondo e che scelga lui se è serata per giocate diverse, senza che sia costretto a farle. Siamo forti, ma siamo anche bambini per ottenere ciò che pretendiamo di ottenere e, soprattutto, mantenere. Che, chiaramente, non è riferito alla corsa al settimo titolo consecutivo: sulla rampa, è rimasto solo più il Napoli, magari come un Tonkov qualunque…

Luca Momblano

Pjanic troppo isolato nelle ripartenze del Cagliari

Ancora una volta, l’ultima partita prima della sosta si traduce in forte sofferenza per la Juve. Fortunatamente per Allegri, però, a Cagliari i campioni d’Italia sono riusciti a ottenere i 3 punti a un quarto d’ora dalla fine, rimanendo così in scia del Napoli.

 

ANCORA UNA VOLTA ASIMMETRIA, CON PERO’ LA DIFESA A 3

 

Come già vistosi contro il Toro, il 433 bianconero si è rivelato tale solo sulla carta. Anzi, il disporre sulla destra di un terzino bloccato ha sovente tramutato la retroguardia juventina in una difesa a 3 in fase di possesso (quando invece la palla ce l’aveva il Cagliari la Juve era schierata col 442).

 

Con Bernardeschi largo a destra e Dybala più stretto in mezzo, a sinistra il compito di fornire ampiezza era quindi prevalentemente di Alex Sandro (senza dimenticare il supporto di Matuidi), col brasiliano che di conseguenza si alzava molto.

 

Per quanto fossilizzarsi coi numeri lascia il tempo che trova, non è scorretto dire che i bianconeri alla Sardegna Arena abbiano adottato un 352 molto offensivo.

 

LA JUVE SUPERA IL 532 SARDO

 

Nei primi 20′ di gara, la Juventus sembrava in grado di archiviare la pratica con facilità. Un buon pressing consentiva ai bianconeri di recuperare palla in zone avanzate del campo, con in più un giro-palla che faceva arrivare agevolmente gli ospiti nell’area avversaria. Inizialmente, la Juve è riuscita a superare con buona facilità il 532 con cui il Cagliari si disponeva in non possesso (anche se, come si può vedere, le uscite di Ionita sul lato forte quando ci appoggiava sulla destra davano le sembianze a tratti di un 523).

 

Come detto, inizialmente la Juve sembra sfondare in mezzo, superando con buon profitto la pressione in mezzo. Basti pensare all’azione da cui è nato il palo Bernardeschi: da notare il movimento di Matuidi, che attira su di sé Faragò e libera quindi spazio sulla sinistra per Alex Sandro, che può così andare al cross senza avversari contro.

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In generale, i vari meccanismi sembravano funzionare: Dybala veniva servito con continuità tra le linee, mentre Alex Sandro disponeva di parecchio spazio sulla sinistra, col Cagliari che faticava nel coprire il lato debole.

 

KHEDIRA E MATUIDI ALTI, PJANIC SOFFRE

 

Tuttavia, poco dopo il 20′, sono subentrate diverse problematiche. La fase di possesso negli ultimi metri è diventata statica e prevedibile, un’eccessiva rigidità (per esempio, tardivi cambi di gioco sulla sinistra) che il Cagliari ha saputo contenere. Alex Sandro in particolare, col passare dei minuti, è parso molto poco lucido in entrambe le fasi.

Più in generale, è cresciuta sensibilmente l’intensità sarda al centro del campo, e di conseguenza la Juventus ha faticato molto di più nel superare le linee di pressione rivali.

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Inoltre, da tempo non si vedeva una Juventus così in difficoltà nelle ripartenze avversarie. Il ritorno al centrocampo a 3 aveva infatti portato quella solidità globale che, secondo Allegri, la mediana a due non stava più portando. A Cagliari, soprattutto a possesso consolidato, le mezzali (Khedira e Matuidi) hanno giocato altissime, nel tentativo di fornire peso all’attacco o di comunque essere serviti alle spalle del centrocampo rivale.

Queste situazioni, però, sono finite con l’esasperarsi. In transizione negativa, i bianconeri si sono fatti trovare scopertissimi, con Pjanic in totale solitudine in mezzo e costretto a coprire ampie porzioni di campo. Inoltre, con la già citata posizione altissima di Alex Sandro, il brasiliano non riusciva a ripiegare per riformare la linea difensiva a 4.

L’azione del palo di Farias è un chiaro esempio delle difficoltà bianconere: nella ripartenza cagliaritana, Khedira e Matuidi sono troppo avanzati (come Alex Sandro, qui fuori dall’inquadratura), mentre Barzagli e Chiellini sono così costretti a scappare all’indietro. In tal modo, i ragazzi di Lopez si sono trovati il solo Pjanic in mezzo come ostacolo, con la difesa a 3 juventina non protetta a dovere.

 

 

Il Cagliari è stato brillante dal punto di vista fisico e con le idee chiare su come attaccare: come già accaduto molte volte quest’anno, gli isolani hanno cercato di liberare campo sulla corsia destra nel tentativo di portare al cross Faragò e sfruttare così i grandi saltatori presenti dentro l’area di rigore. Nella clip sotto, degno di nota il movimento a staccarsi di Pavoletti, con l’attaccante toscano che sovente sfrutta le sue importanti doti fisiche per fungere da sponda e permettere ai compagni di risalire il campo.

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L’ingresso di Douglas Costa (e di Mandzukic successivamente) hanno consegnito una Juve più definita, che passa prima a un 433 più “chiaro” e successivamente al classico 4231. Mandando l’ex Bayern nell’uno contro uno, la Juve è così riuscita a sbloccare il risultato proprio grazie al tipo di giocata che Allegri ricercava alla luce dei cambi fatti. Nel finale, il mister livornese ha poi scelto di difendere ulteriormente il risultato facendo entrare Lichtsteiner, con la Juve che nel finale è riuscita a gestire con tranquillità i numerosi cross (senza troppe pretese, a dire il vero) effettuati dalla trequarti.

La Vecchia Signora è così riuscita a ottenere un successo pesante in termini di classifica, ma l’andamento del match ha presentato qualche problematica dal punto di vista tattico. Nello specifico, il 433 finora ha funzionato bene con formazioni più fisiche e meno portate al controllo del possesso (basti pensare a Juve-Roma), ma sta presentando più equivoci nell’inserimento dei giocatori offensivi con più estro, in particolar modo di quelli che si esaltano maggiormente in tracce interne (senza dimenticare un Higuain non sfruttato al meglio). Chissà che l’infortunio di Dybala non sia l’occasione per l’inserimento di Bernardeschi con più frequenza nell’undici titolare.

Jacopo Azzolini

20a Serie A: Cagliari-Juventus 0-1

di Andrea Lapegna


Dopo qualche difficoltà autoimposta di troppo, la Juventus porta a casa tre punti importanti per la lotta scudetto. Troppo povera la proposta del Cagliari.


La Juventus arriva al match contro il Cagliari cercando di rimanere con il fiato sul collo al Napoli, prima di tuffarsi nella pausa invernale. Allegri sceglie una piccola sperimentazione tattica, per aumentare le ore di volo dei suoi a bordo del nuovo 4-3-2-1 di ancellottiana memoria. O almeno così era lecito pensare leggendo la formazione. Davanti a Szczęsny ci sono, da destra, Barzagli, Benatia, Chiellini e Alex Sandro. Confermatissimo il centrocampo a tre formato dalla cerniera Khedira, Pjanić, Matuidi; mentre alle spalle di Higuaín agiscono Bernardeschi e Dybala. López invece segue la via della prudenza, e ripropone un solido 3-5-2. La formazione recita: Rafael; Romagna, Ceppitelli, Pisacane; Faragò, Ioniță, Cigarini, Barella (recuperato dopo il problema alla caviglia), Padoin; Farias, Pavoletti.

Il piano gara del Cagliari mira a sabotare la costruzione bassa in maniera passiva. I due attaccanti si posizionano su linee sfalsate, di modo da prendere in consegna l’uno (Pavoletti) il dialogo tra centrali, l’altro i passaggi verso Pjanić (Farias). In realtà però la formazione della Juventus era tutt’altra. I bianconeri si sono disposti con un 3-5-2 che era ormai sopito nella memoria dei tifosi. Con la palla tra i piedi, i tre centrali (la nuova BBC) consegnano la palla a Pjanić o cercano di pescare uno degli esterni (Alex Sandro e Bernardeschi). Le mezzali giocano al solito altissime, formando con Dybala, Higuaín, e l’esterno sul lato palla quasi una linea a cinque d’attacco. Per la verità abbastanza statica.

I due triangoli di costruzione della Juventus. Difesa e centrocampo a tre.

Quando è il Cagliari ad avere la palla, la Juventus prova ad attuare un pressing a folate, come spesso le capita. In questo caso ogni situazione statica è foriera di pressione (rimesse laterali, passaggi all’indietro al portiere, rimesse dal fondo, etc). Qui sotto, un pressing scaturito da un disimpegno sporco della difesa ha provocato una buona riconquista del pallone, non concretizzatasi per un cattivo decision-making da parte di Dybala.

Nei primi 20 minuti il giochetto riesce anche abbastanza bene alla Juve. I due mancini prendono due pali, e Benatia mette in rete a gioco fermo per fuorigioco. Le catene laterali funzionano relativamente bene soprattutto a destra, dove Bernardeschi e Khedira riescono ad attirare fuori posizione Pisacane e Padoin, e liberare conseguentemente spazi per Dybala.

Anche in questa fase però, la migliore della partita per la Juve, sono emersi dei limiti nell’interpretazione del modulo. Per esempio, nonostante l’overload a destra fosse ben riuscito, raramente i bianconeri sono stati in grado di cambiare gioco verso Sandro. Né con le classiche sventagliate né con un giropalla più veloce si è riusciti a servire lui o Matuidi, che anzi sono dovuti entrare dentro al campo per ricevere più rapidamente palloni giocabili. Questo in parte si spiega con lo “specchio” della formazione sarda, in parte con le cattive spaziature tra Bernardeschi e Khedira, che hanno sottratto preziosi tempi di gioco alla manovra.

La Juventus si “spalma” sui 16 metri del Cagliari, che va sì in parità numerica (Faragò si allargherà su Sandro che riceve il passaggio di Dybala), ma nega agevolmente gli spazi di mezzo

Un altro limite è emerso nella gestione dei palloni persi ed in particolar modo delle transizioni negative conseguenti. Con Khedira e Matuidi così alti, per ben due volte in pochi minuti i tre difensori si sono ritrovati a scappare velocemente verso la porta per difendere la profondità.  E poco importa se sulla carta il 3-5-2 doveva diventare un 4-4-2, perché Sandro raramente è riuscito a ripiegare in tempo.
In un paio di occasioni Szczęsny ha dovuto suo malgrado alzare l’asticella nella gara con il suo ex-compagno Alisson per miglior portiere della Serie A.

Alex Sandro ha offerto una prova di confusione, per colpe ovviamente non soltanto sue. Scambiandosi l’out di sinistra con un Matuidi sempre molto generoso, spesso trovava Faragò preso in mezzo e poteva prendere porzioni di campo più centrali. Tuttavia, un notevole difetto nelle scelte gli ha precluso maggiore pericolosità. Con Matuidi largo e non più un’opzione, Pjanić timido davanti alla difesa e Khedira alto dall’altra parte, una situazione di potenziale caos per gli avversari diventava spesso un cul de sac per lui. Qui la sua heatmap

Paradossalmente, l’ampiezza diventa il cruccio di un sistema di gioco creato appositamente per ricercarla. I cambi sono stati effettuati proprio per questo, nonostante siano entrambi forzati da infortuni. Con Dybala out, Allegri spinge i suoi ad un 4-3-3 nemmeno troppo nascosto, con Costa a destra e Bernardeschi a sinistra. Al brasiliano viene chiesta la creazione di superiorità numerica che era mancata nel primo tempo, mentre a Bernardeschi è deputato un gioco più interno, cercando quelle sacche di spazio create dai movimenti di Sandro e Matuidi. Questo sistema ha avuto il pregio di mandare in parità numerica i nostri attaccanti con i tre difensori avversari, costringendo le ali a rimanere bassissime. Se questa era una strategia già vista nel primo tempo, adesso la Juventus ha un fraseggio più ricco e riesce ad isolare Douglas Costa a destra.

Con l’uscita di Khedira per Mandžukić si passa poi al consueto 4-2-3-1, dove il croato prende l’out di sinistra e Bernardeschi il centro. È a partire da questa configurazione che, grazie ad uno spunto di Douglas Costa, l’ex viola pesca il match winner.

Douglas Costa fa esattamente quello per cui era entrato. Ceppitelli si perde Bernardeschi. 

Capendo che la partita andava portata a casa senza badare allo stile, Allegri inserisce Lichtsteiner per Bernardeschi, gridando a gran voce “5-4-1”. D’altronde López con i cambi aveva destrutturato la sua squadra portandola a terminare la partita con un 4-2-3-1 molto offensivo. Senza tuttavia creare troppi problemi a Szczęsny, se non qualche traversone alla meno peggio.

La Juve era arrivata a questa partita con la lingua di fuori, più di quanto fosse lecito pronosticare. L’interpretazione del modulo offerta nel prima tempo non ha aiutato a cementificare le certezze tecniche, e Allegri dovrà rifletterci prima di riproporre lo stesso sistema. La sosta servirà a tutte le squadre d’alta classifica per tirare il fiato.