La Gazzetta, i cori sull’Heysel e il vero salto di qualità

1) Il racconto dei fatti, intanto, perché non tutti seguono i social.

– alla festa della curva Fiesole, qualche giorno fa, alcuni tifosi viola hanno intonato i soliti cori agghiaccianti contro le vittime dell’Heysel, irridendo i “39 che non tornarono più” in quello che è stato, a sentire il testo, “per noi viola un giorno sacro”. Sacro, insomma, il giorno in cui morirono 39 persone, tra cui un bambino. Nella difficilissima gara di imbecillità tra tanti cori incredibili delle varie curve, questo probabilmente conquista il primato assoluto;

– la Gazzetta commenta questi cori con i giusti toni (“vergognosi”) a pag. 19 ma poi, a pag. 33, con un trafiletto che evidenzia il su e giù della giornata, si rivolge ai tifosi viola con queste parole: “Ragazzi, non sarebbe l’ora di fare un salto di qualità e cambiare tema?”.

– Le parole sono inappropriate per un coro così selvaggio: ragazzi? Cambiare tema? Per Un salto di qualità? Perché, della qualità c’è già ma si può fare meglio?

Toni e contenuti che sarebbero comprensibili se riferiti ai tifosi di Juventus e Inter che ancora battagliano su Calciopoli, non se si festeggia “il giorno sacro” di un massacro. Per questo, mostro il trafiletto sui social e commento semplicemente così: “Gazzetta durissima con quei ragazzi che per una volta potrebbero pure cambiare tema per fare un bel salto di qualità”. Ovviamente senza offese, limitandomi a ribadire le loro parole, che suonano assurde a chiunque sappia di cosa stiamo parlando.

– il giorno successivo mi arriva la comunicazione di Facebook: il post è stato segnalato e cancellato per “contenuto protetto da copyright, con ammonizione a non farlo più, pena la sospensione dell’account. Il sito mi spiega come contestare il provvedimento e mi propone di contattare una persona di RCS che si occupa di questa vicenda: se lo convinco, magari può ritirare la segnalazione.

Ovviamente non faccio alcuna delle due cose: l’ultimo dei miei desideri è confrontarmi con Facebook sul diritto d’autore e forse l’ultimissimo è chiedere a RCS di tornare sui propri passi, su una questione di questo tipo. Mi limito a fare un post sui social, spiegando la vicenda. Alcuni giornalisti, come Fabio Ravezzani, la rilanciano con grande indignazione, altri retwittano, altri mi danno il loro parere in privato.

Fine della storia. O forse no, perché da qui si impongono alcune breve riflessioni.

2) I media, i cori, le scritte (e quel gemellaggio)

Per me vale una regola, sempre: se si tratta solo di qualche scemo, sui social o allo stadio, certe espressioni demenziali e offensive non vanno riportate.

Sui cori dei tifosi fiorentini e l’Heysel, l’anomalia è l’assiduità e la frequenza con cui viene cantato da 30 anni quel coro infame oppure il più ambiguo e ipocrita: “amo Liverpool”. Cantato da tutta la curva da decenni. Senza dimenticare l’incredibile tentativo di gemellaggio con il Liverpool.  Proposta riportata positivamente da diversi giornali nostrani (leggete qui le parole di Repubblica!) ma respinta al mittente dai reds, quando hanno capito quanta infamia ci fosse dietro quell’idea.

Le responsabilità dei media, ai miei occhi, sono dunque queste: troppo rilievo e spazio per la facile indignazione relativa a gesti isolati o poco più (mai riportare i 30 scemi che insultano un bimbo malato sui social; lo stesso vale per le scritte sui muri: troppo spazio a tre analfabeti che non contano niente e scrivono contro Scirea) e invece leggerezza inverosimile quando si festeggia quel “giorno sacro”, si cerca un gemellaggio (!) o si canta “Amo Liverpool” (come accadrà sabato): qui, se si decide di commentarli, non possono esserci toni diversi da una condanna fermissima, possibilmente seguita da una feroce campagna per ottenere sanzioni, daspo e provvedimenti analoghi per i protagonisti (ben visibili e riconoscibili) più che per le squadre.

Non c’è spazio per toni quasi paterni, come quell’infelice “ragazzi fate un salto di qualità”.

3) La violazione del copyright

Detto questo, io mi sarei volentieri fermato al mio solito tweet polemico scritto in modo leggero, che vi ho riportato all’inizio: era una delle tante cadute di stile della Gazzetta di questi anni, magari un ragazzino che ha scritto quella scemenza (gravissima per il tema, ma pur sempre una scemenza) e via.

Se poi, però, invece di fare un piccolo articoletto di spiegazioni di quelle parole infelici, si procede a segnalarmi per cancellare il post, allora le cose cambiano e quel trafiletto assume un valore indecente sul serio. Perché vuol dire che non è stata la leggerezza di un ragazzino, ma sono parole condivise dal giornale, che punta a tutelarle e rivendicarne l’appartenenza invocando il copyright non rispettato.

Non voglio annoiare e rifarmi alla mia professione di avvocato per spiegare che le norme sul copyright, almeno fino a quando non sarà realmente recepita e applicata in Italia la recentissima e discussa direttiva europea in materia, decisamente restrittiva, non mirano a tutelare il diritto d’autore su un minuscolo trafiletto non firmato a fine giornale, unica parte del quotidiano a non avere neanche la scritta “riproduzione riservata” a fine testo. Trafiletto per di più riprodotto sui social solamente per uso di critica e discussione su una vicenda piuttosto delicata e non certo per fini commerciali e di lucro e, tantomeno, contenente contenuti in grado di anticipare parti rilevanti del giornale, disincentivando dunque i lettori all’acquisto.

Anche a prescindere da una noiosa dissertazione legale su un tema controverso: a tutti voi capita di vedere quotidianamente decine di profili e gruppi che riproducono costantemente sui vari social, le intere prime pagine, titoli vari e articoli perfettamente leggibili. Altro che trafiletti di tre righe senza neanche il simbolo della riproduzione riservata.

Il punto è dunque un altro: RCS e la Gazzetta volevano proprio che fosse rimossa quell’immagine sul commento ai cori dell’Heysel, probabilmente perché qualcuno si sarà vergognato e avrà preferito non farla girare troppo segnalando il diffusore, piuttosto che spiegare il senso di quelle parole e chiudere limpidamente la questione, su un tema così delicato. Ai lettori ogni giudizio.

4) Considerazioni finali

E’ una vicenda squallida, dall’inizio alla fine: da chi fa quel cori da subumani a chi li riporta con leggerezza e poi segnala chi fa notare quella indebita leggerezza; lasciamo pure perdere Facebook che cancella senza comprendere alcunché della vicenda.

Chi può fare qualcosa? I tanti tifosi viola indignati per quei cori: è ora di fischiare a più non posso anche l’ipocrita “amo Liverpool” cantato da migliaia di persona. Può farlo Commisso, che ha parlato molto bene (bravo!) e però sabato se sente quei cori deve farlo presente. Possono farlo società e forze dell’ordine, perché chi canta neanche si nasconde. Può farlo Cairo, presidente del Torino e quindi inevitabilmente legatissimo alla tragedia di Superga, ma anche editore di quella Gazzetta che segnala chi fa presente i toni sbagliati nel commentare quei cori sull’Heysel.  E poi, certo, i tifosi di tutte le squadre, in quanto se un giorno ti lamenti per i cori sui morti e il giorno dopo ti auguri che muoiano tutti i rivali per un vulcano o un’alluvione non rispetti in primis i tuoi morti, perché così indebolisci le tue (sacrosante) rivendicazioni.

Buona partita a tutti, allora. Sperando che prima o poi anche certi giornali, oltre a quei “ragazzi”, facciano un vero e proprio salto di qualità, anche senza cambiare tema.

Il Maestro Massimo Zampini

L’inarrestabile deriva del tifo italiano

E’ accaduto tutto al termine di una settimana che inquadra perfettamente l’incoerenza, l’ipocrisia e l’incapacità di agire, quando si tratta di sport e non solo, del nostro paese.
Appena sette giorni fa gli insulti razzisti a Lukaku durante Cagliari-Inter, e sebbene sia sembrato un piccolo passo avanti che stavolta nessuno abbia pensato di ascrivere al calciatore belga la responsabilità di “aver provocato i tifosi avversari” o di  “aver sentito male” come indegnamente fu fatto in occasione degli episodi capitati a Kean e Matuidi, sempre in Sardegna, l’unica risposta degna di nota tra i tentennamenti del giudice sportivo e il silenzio imbarazzante del Procuratore federale Pecoraro, è stata quella della curva Nord interista.
Un allucinante comunicato, a metà tra l’invito e la reprimenda, in cui si invita Lukaku a non parlare di razzismo perché il razzismo nelle curve italiane non esiste!

Venerdì arrivano la nazionale e un episodio con cui Bonucci “causa” con un po’ di furbizia l’espulsione di un avversario armeno, scatenando ira e ironia di chi fa notare che sia lui che il collega di club Chiellini sono soliti rendersi protagonisti di simulazioni, e quindi esempi negativi di sportività.
Saranno tifosi da bar e “webeti” vari, direte voi.
Risposta sbagliata: in molti casi si tratti di stampa nazionale e di giornalisti che scambiano le testate per cui lavorano per fanzine della loro squadra del cuore, come capitato a Lorenzo Vendemiale sulle colonne de “Il Fatto Quotidiano

contributo corredato tra l’altro da una foto dello stesso Bonucci che evidenzia i segni della gomitata presa da Koulibaly nell’ultimo Juve-Napoli ignorata da Var, giornali e commentatori vari.

E siamo a ieri, alla “festa” (?) della curva Fiesole durante la quale partono cori squalificanti che inneggiano alla tragedia dell’Heysel, ripresi da alcuni presenti e che nel giro di poche ore si sono diffuse a macchia d’olio.

Il tutto a distanza di pochi giorni dalla coraggiosa e lodevole presa di posizione del neo presidente Rocco Commisso di cui ci aveva parlato anche il nostro Giulio Gori qui e a ridosso di Fiorentina-Juventus in programma sabato pomeriggio, scenario in cui a questo punto non è difficile immaginare per la Juventus e i suoi tifosi una calorosa accoglienza sullo stile di quella riservata loro lo scorso dicembre, con la comparsa di alcune mortificanti scritte sui mori che infamavano la memoria di Gaetano Scirea.

Potremmo cogliere qualche aspetto positivo dall’episodio di ieri visto che non sono ancora pervenute le suggestive tesi con cui, in quella occasione, alcuni luminari del nostro giornalismo avevano caldeggiato l’ipotesi di un “lavoro fatto in casa” ad opera dei nostri stessi tifosi

né alcun comunicato della curva Fiesole sulla falsa riga di quello degli ultras interisti

E anche se in serata è giunta una nota della società viola caratterizzata però da una percepibile vaghezza con cui si condannano da un lato gli episodi beceri e offensivi ma si esclude che in presenza dei rappresentanti del club sia stato proferito alcunché (contrariamente a quanto riferito da “La Nazione”)

quello che conta è che sarebbero auspicabili reazioni e prese di posizione forti da chi occupa le stanze dei bottoni del nostro calcio, a partire dall’ormai tragicomico procuratore Pecoraro che con molta probabilità, di inerente alla Fiorentina, starà ancora visionando i filmati della partita che al Franchi ha disputato la sua squadra del cuore due settimane fa alla ricerca di qualche altro coro discriminatorio, e che ignorando questi cori ci darà ulteriore dimostrazione della sua totale inadeguatezza a coprire un ruolo così delicato
Perché in Italia la giustizia funziona a targhe alterne, e i pareri cambiano come il vento, a convenienza.

Conta infine che siamo stanchi di questo schifo, della tendenza a minimizzare episodi che arrivano uno dietro l’altro e spesso vengono ripresi e stigmatizzati rapidamente all’estero, persino oltreoceano, rappresentando per il nostro paese una pubblicità ignobile e degradante.
L’edizione cartacea della Gazzetta dello Sport tratta l’argomento con questo trafiletto che sembra quasi essere una metaforica e bonaria pacca sulla spalla di un gruppo di ragazzi sì indisciplinati e turbolenti ma in fin dei conti buoni e di sani principi.

Sono anche queste le cose che inducono a perdere ogni residua speranza di cambiamento presentandosi al contempo come dimostrazione del perché le cose non cambieranno mai.