Un giorno all’improvviso, il Pipita

(no, non l’hanno presa bene)

Un giorno all’improvviso, il Pipita (no, non l’hanno presa bene)

No, non l’hanno presa bene. Decisamente. Una maglia della Juve con un panzone grande così mi accoglie nella splendida via Toledo appena fuori dalla fermata della metropolitana. E’, distintamente, quella di Gonzalo, montata su un cestino di rifiuti, numero 71. Va tutto bene, ci mancherebbe, anche se il pulpito dal quale si propaga la predica non è tra i più indicati, se è vero che i “titolari” della bancarella siano leggermente in sovrappeso. Ma questa è una minuzia di fronte alle contraddizioni del loro quotidiano. Antinomie di cui ne vanno fieri e guai a farglielo notare. Certo, se poi contemporaneamente li vedi sorridenti a vendere le loro maglie bianconere taroccate, chiudi il cerchio sul concetto di coerenza e tiri avanti. Tappandoti le orecchie mentre senti crudeli battute su crociati a breve da curare.

Oddio, avanti nemmeno di tanto. Giusto qualche isolato e un’altra bancarella, stavolta con rotoli di carta igienica col volto del Pipita, ti accoglie a Spaccanapoli. Ma sì, fa parte del gioco, son sicuro che in Piemonte, in via Lagrange per la precisione, sì, insomma, all’altezza del Museo Egizio, sia pieno di articoli simili con la faccia di Pogba. Sicuro, come la morte. E le tasse. Quelle che la signora del banchetto certamente versa per il bene della comunità.

Il gabinetto col volto dell’argentino ve lo risparmio. Il suo padrone è lì solo per elemosinare qualcosina e fa quasi tenerezza, non fosse per il macabro richiamo al solito crociato ripetuto a voce sostenuta. Iamm ià. Ma, insomma, non c’è modo di staccare una giornata e godermi questa meravigliosa città senza dover per forza affrontare discorsi metacalcistici. Filecenza, time out, vi prego, ho solo voglia di una pizza fritta e di una passeggiata tra i presepi, anche se il calendario dice 20 agosto.

Oddio, ho detto presepi. Una statuetta alta così, non vi dico nemmeno di chi e con che numero sulla schiena, mi accoglie in San Gregorio Armeno. Onestamente è fatta bene, ma con quel numero proprio non si può vedere, figuriamoci acquistare. Tranquilli, basta volgere lo sguardo e una fila di Higuain, Dybala, Del Piero e Buffon ti aspettano poco distanti con i loro numeri giusti. Alè, viva ancora la coerenza. E poi sarei io a dover giustificare la mia passione sol perché nato nel tacco dello stivale. Come se avessi mai chiesto ai miei fraterni amici di Varese, Mario e Amedeo il perché del loro tifo per la Roma (a proposito, ma perché?!?). Dai, va bene, saranno anche cazzi loro e non ho bisogno di invocare il libero arbitrio per controbattere a dovere. Anche perché, poi, qualcuno dovrebbe pure spiegare non solo che né Tommaso d’Aquino né Cartesio avevano il fischietto ma, anche, che non eran certamente della Juve. Non ne ho voglia.

E allora ne esce un susseguirsi di rapide battute, con lui quasi in tranche che cerca di averla vinta con uno sprezzante “e io tifo per il Bayern” così puerile che tira l’unica risposta possibile “e io gnegnegne”. Amico mio, ma tifa chi vuoi se ti fa star meglio. “Tanto si rompe il crociato, il napoletano quando chiama una cosa non ci puoi far nulla”. Anche Lei, che pena. Allo sguardo di mio figlio (il piccolo di nove anni) capisco che in questi casi ci vuole compassione e decido di non insistere, tanto – ed è questo quel che conta – la sera stessa, con la mia bella statuetta sulla mensola, il Pipita entra e risolve la sfida con la viola e non possiamo che cacciare un urlo che si propaga per via Toledo squarciando l’assoluto silenzio. Tiè le bancarelle, i gabinetti e i presepi. Un momento così non l’avrei scambiato nemmeno con un posto allo Stadium accanto ad Audero.

Salto in avanti di due mesi, vi risparmio tante cose, loro giocano un calcio meraviglioso, effervescente, trascinante, per tutti a tratti illuminante. L’affare l’ha fatto il Napoli e a Barcellona son preoccupati per una supremazia nel gioco ormai messa finalmente in discussione.

E’ vero, la mira sul crociato non è stata delle migliori, non si può avere tutto dalla vita, tanto più che la Juve è una pena. Senza centrocampo, difesa vecchia, Buffon bollito, quello lento come una lumaca, quell’altro inadeguato e via così. Discussioni normali intorno ad una squadra che nelle ultime 38 di campionato ha collezionato solo 103 punti. La classifica, del resto è impietosa, quasi imbarazzante e recita: Juventus 24, Napoli 20. E per fortuna che un Milan frizzante, senza discussioni, abbia avuto la meglio sulla capolista rafforzata dallo juventino Rizzoli (ehi tu, è ironico).

Il minuto potrebbe essere il 69, il 70 o il 71. Avrebbe in tutti i casi un bel significato, ma in realtà, pur preferendo nettamente il primo – che meglio rappresenta il momento di godimento vissuto – per pochi attimi a spuntarla è il secondo dei tre. Faranno credere sia il successivo, perché così fa comodo, alimenta la leggenda (vivono di quello), serve ad avallare l’idea contorta e trovare a tutti i costi un significato, meglio ancora se scritto nella loro smorfia. Che volete di più, in assenza dei fuochi d’artificio, lì si trova la soluzione. Il succo, dopo una crociata con cui l’hanno messo in croce per un crociato è una stoccata da biliardo con la quale Higuain, con un mancino, manco a dirlo incrociato, ha solo voluto dimostrare a Lichtsteiner come si fa. Ed infatti, poi, l’argentino non esulta solo perché ha deciso di non umiliare il compagno, #respect. Che avevate capito …

Tanto, come detto, per loro c’è sempre una via d’uscita, una soluzione: è fresca la notizia che il campionato lo vincerebbe il Napoli di Maradona.

Di Roberto Savino